Fotografia di anonimo, Chernobyl, Ucraina, 1986. Si tratta di uno scatto storico che rappresenta i tre eroi di Chernobyl. Il fotografo li ritrae nell’atto di vestire le loro complicatissime tute antiradiazioni. Hanno il volto provato e lo sguardo deciso, consapevoli che la loro azione poteva costargli la vita ma salvare quella di altri migliaia di loro connazionali e non.
Prima di calarci nuovamente nello scatto e nella sua storia, è doveroso parlare di quella triste pagina che fu il Disastro di Černobyl’. Nella buia notte ucraina di quel tragico 26 aprile 1986, alle ore 1:23 qualcosa non va per il verso giusto. Il 4° reattore nucleare esplode improvvisamente, causando danni diretti e indiretti ingentissimi. Le vittime stimate dall’ONU furono circa 4000 (anche se le fonti vicine alla centrale le riducevano drasticamente), gli sfollati furono invece circa 116000. Gravissimi furono inoltre i danni all’agricoltura e ad altri settori fortemente compromessi dalle radiazioni.
Il disastro in questione è ritenuto inoltre il più grave della storia dell’energia nucleare. L’unico, insieme a quello di Fukushima del 2011, a raggiungere il settimo grado della scala INES. Ah, la scala di catastroficità in questione ha solo 7 gradi, per intenderci. Ultimo elemento su cui fare chiarezza è la posizione. Nonostante la storia ricordi Černobyl come nome principale del misfatto, la località più vicina all’incidente era Pryp”jat’.
Torniamo ora però ai nostri eroi: Alexei Ananenko, Valeri Bezpalov e Boris Baranov. Oltre a loro, presenti nello scatto ci sono anche due ingegneri nucleari e un operatore della centrale. Ma perché indossano delle tute simili a quelle dei sub? Semplice, perché dovevano immergersi. Il sistema di raffreddamento ad acqua infatti smise improvvisamente di funzionare dopo 10 giorni dall’esplosione e nasceva una sorta di piscina nucleare pericolossisima.
Il liquido era molto incandescente e se avesse eroso le barriere costruite e fatto precipitare al suo interno il reattore sarebbe stata un’altra catastrofe. Nuove esplosioni e nuova diffusione di radiazioni erano il minimo, e questa volta minacciavano, oltre all’Europa e all’Asia, anche l’Africa. Il compito dei tre eroi era proprio quello di evitare che ciò accadesse. Ma la loro era considerata una missione suicida.
Alla fine, per fortuna, non si rivelò tale. I tre sopravvissero ed evitarono la catastrofe. Secondo una teoria molto diffusa, morirono dopo pochi giorni in ospedale a causa delle radiazioni. Ma in realtà uno dei tre morì solo nel 2005 per problemi cardiaci, mentre gli altri risultavano ancora in vita a quella data. Una bella storia di coraggio e altruismo che strappa un sorriso dopo le molte lacrime versate per quel disastro.