Fotografia di Arturo Mari, Roma, 13 maggio 1981. In un normalissimo mercoledì pomeriggio, una Piazza San Pietro gremita saluta festante il passaggio di Giovanni Paolo II sulla sua inconfondibile papamobile bianca. Improvvisamente, un uomo estrae una pistola e spara due colpi verso il pontefice, ferendolo gravemente al ventre. L’attentatore prova a fuggire approfittando della confusione generale, ma è braccato dalla forze dell’ordine. Si scopre che sia chiama Mehmet Alì Agca e che è un tiratore esperto affiliato ai Lupi Grigi, un gruppo di estrema destra turco. E tutti quindi si domandano: ma perché mai un nazionalista turco dovrebbe desiderare la morte del Papa?
Facciamo un passo indietro. Giovanni Paolo II sede sul trono pietrino da quasi due anni. È il primo pontefice non italiano dopo 500 anni, ma, soprattutto, è un fervente anticomunista originario di un Paese cattolicissimo del blocco filosovietico. La sua elezione, quindi, ha un peso specifico importante nel quadro della Guerra Fredda. Egli non usa mezzi termini per esprimere il suo astio nei confronti del marxismo: già nelle vesti di arcivescovo di Cracovia aveva fatto pubblicare libri censurati dal regime polacco.
Non a caso, poi, aveva compiuto il suo primo viaggio apostolico nella sua terra madre. In una Varsavia gremita, Giovanni Paolo II aveva parlato di difesa del Cristianesimo e del rapporto fra la Chiesa e lo stato polacco. Un’incontro che aveva imbarazzato il regime, già messo in difficoltà dalla crisi economica e dai malumori della classe operaia. L’anno successivo, infatti, Lech Walesa aveva costituito il sindacato cattolico Solidarnorsc, che avrà un ruolo decisivo nella sgretolamento dall’interno della dittatura comunista in Polonia.
Ecco che quindi avanzano le prime ipotesi di una partecipazione dell’Unione Sovietica. Lo stesso Agca riferisce i nomi di alcuni complici bulgari e afferma che l’attentato sia stato pianificato in Bulgaria. Che il KGB abbia fatto pressioni sui servizi segreti bulgari di assoldare un sicario per eliminare quel pontefice così scomodo?
Nel corso degli anni vengono avanzate nuove supposizioni, sorte dall’interpretazione delle contradditorie dichiarazioni di Agca. Si punta il dito contro oppositori interni al Vaticano, contro Cosa Nostra, o addirittura contro l’ayatollah Khomeini. La pista del coinvolgimento sovietico rimane tutt’ora quella più plausibile, anche se non è ancora detta l’ultima parola. Ricerche più approfondite e la desecretazione di nuova documentazione potrebbero scombinare completamente le carte in tavola. Insomma, se mi sbaglio, mi “corrigerete”.