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Fare il portoghese: l'origine della curiosa espressione tra inganni, elefanti e pontefici

Fare il portoghese: l’origine della curiosa espressione tra inganni, elefanti e pontefici

Scommetto che in pochi saprebbero indicare l’origine dell’espressione idiomatica “fare il portoghese“. Utilizzata per intendere l’usufruire di un servizio senza pagarlo, fingendo anche di averne diritto, la locuzione era in voga soprattutto fra i canali mediatici italiani negli anni ’80. Da dove provenga questa frase tutt’altro che riverente è un bel dilemma. Cerchiamo di capirci qualcosa in più assieme, per quanto possibile.

Fare il portoghese: l'origine della curiosa espressione tra inganni, elefanti e pontefici

La prima ipotesi vede come protagonista l’elefante Annone, nel 1514 dato in regalo dal re di Portogallo, Manuele I d’Aviz, al pontefice da poco eletto, il de’ Medici Leone X. Il pontefice apprezzò davvero molto il pachiderma albino, che per quattro anni visse nell’Urbe (prima nel cortile del Belvedere, poi in un apposito edificio vicino Borgo Sant’Angelo) elevandosi a “mascotte” della corte papale.

Leone X desiderò sdebitarsi e concesse all’ambasciatore portoghese, così come a tutto il suo seguito, la possibilità di fare qualunque cosa senza dover pagare neppure un soldo. Insomma, in quanto ospiti della città di Roma, i portoghesi per qualche anno poterono godere di ogni privilegio gratuitamente.

fare il portoghese Annone elefante

Scoperto l’affare, i più furbi tra i popolani capitolini iniziarono a spacciarsi per lusitani. Essi vestivano in modo eccentrico, parlavano con un finto accento iberico, esigevano che non venisse mai chiesto loro il conto. Quando i segretari apostolici posarono gli occhi sulle fatture presentate dagli esercizi pubblici romani restarono interdetti: come poteva una piccolo gruppetto di diplomatici consumare quanto un esercito incallito? Dopo qualche verifica la Curia capì l’inganno e revocò il privilegio, ma ormai il danno era stato fatto. La spesa fu enorme e altrettanto enorme fu la portata dell’evento. Il popolo di Roma non avrebbe mai più dimenticato l’aneddoto, facendo sopravvivere l’espressione “fare il portoghese”.

fare il portoghese Manuele I d'Aviz

Una seconda ipotesi ha sempre a che fare con Roma e con gli ambasciatori portoghesi, il contesto tuttavia è quello settecentesco. Stando alla tradizione, il messo giunto da Lisbona nello Stato Pontificio invitò i suoi connazionali a teatro. Essi si sarebbero dovuti presentare all’entrata del nuovo Teatro Argentina, potendo entrare solo indicando la loro nazionalità. Dunque non vi era bisogno dell’invito formale. Fatta la legge, trovato l’inganno. Tanti residenti volenterosi di assistere ad un esclusivo spettacolo teatrale si spacciarono per portoghesi. Dall’episodio scaturì il modo di dire “fare il portoghese”.

Terza ipotesi, più debole rispetto alle precedenti, riguarda un’esenzione che il sovrano di Portogallo ottenne per aver partecipato alla decorazione – a suon di ricche donazioni d’oro sudamericano – del cassettonato di Santa Maria Maggiore. Tutti i portoghesi avrebbero così potuto fare ingresso nella città di Roma senza pagare dazio per un periodo limitato di tempo. Inutile dire che anche qui qualcuno se ne approfittò.

fare il portoghese cassettonato Santa Maria Maggiore

Un’altra spiegazione, meno documentata però, suggerisce che il detto potrebbe derivare dall’abitudine della nobiltà portoghese di vantare titoli e privilegi, a volte senza averne il diritto. Questo avrebbe portato i cittadini di altri paesi a vedere i portoghesi come abili nell’ottenere vantaggi senza pagarli. Tuttavia, questa ipotesi è più debole perché non è supportata da fonti storiche concrete. Perciò vale quel che vale, ma ritengo sia interessante riportarla.