Difficile, se non impossibile, far splendere la propria stella quando affianco hai una supernova del calibro di Alessandro Magno. Eumene di Cardia, primo segretario e poi diadoco del sovrano macedone, questo lo sapeva molto bene, anche se non ne fece mai un dramma. Al contrario, egli sfruttò questa posizione subordinata per farsi un nome e imprimerlo indelebilmente tra le pagine della storia. Il fardello dell’essere il braccio destro non è sempre poi così degenerante, basta sapersi giocare con astuzia le proprie carte, il resto vien da sé.
Prima di trattare la storia di Eumene, è bene fare due premesse di carattere metodologico. Il primo avviso riguarda le fonti: sono diversi gli autori a citare le gesta del diadoco, ma solo uno tra loro, tale Geronimo di Cardia, riporta per filo e per segno i tratti salienti della sua vita. Come avrete notato dal nome, i due si conoscevano in quanto conterranei. La vicinanza che li riguardava potrebbe aver influito sul giudizio storico trasmesso ai posteri. Ne consegue la seconda premessa, per la quale non tutto ciò che sappiamo su Eumene di Cardia potrebbe corrispondere a verità certa. Purtroppo questi sono i fattori dolenti sui quali doversi “scontrare” quando si narrano i fatti dell’antichità.
Nato nel 362 a.C. nella polis di Cardia, situata sulla penisola di Gallipoli, Eumene è figlio di un legato presso la corte del re macedone Filippo II. Sull’infanzia del giovane aristocratico si sa ben poco. Apparentemente un anno di svolta è il 342 a.C. Filippo II ingaggia Aristotele come precettore di suo figlio, il principe Alessandro. Ma il gruppo di discepoli è folto e comprende uomini dalle grandi ambizioni quali Perdicca, Efestione, Tolomeo e lo stesso Eumene. Nel medesimo anno il natio di Cardia diventa segretario di corte perché il re Filippo ne riconosce una particolare capacità oratoria, nonché politica. Il talento accompagnerà Eumene per molto a lungo, garantendogli costantemente un posto di primo ordine tra quelli che contano al fianco del re, che esso sia Filippo o Alessandro III di Macedonia.
Anche a seguito dell’assassinio di Filippo (336 a.C.) e all’ascesa al trono del figlio – nonché amico – Eumene di Cardia mantiene il proprio incarico, vedendosi anzi elevare lo status a capo della cancelleria; praticamente il nostro uomo divenne uno dei più fidati consiglieri di Alessandro. Non male per essere un non macedone, cosa che gli peserà più avanti nel tempo. In qualità di archigrammatico (cancelliere reale) egli si occupò di riorganizzare e migliorare la logistica dell’esercito macedone durante le campagne militari. Morto Efestione, al quale Alessandro era legatissimo sentimentalmente, l’ira e la diffidenza del re ricaddero su tutti i compagni, Eumene compreso. Quest’ultimo però seppe rientrare nelle grazie del re, offrendo una grande somma di denaro per la tomba del defunto e proponendo una sorta di “idolatria” da adottare nei suoi confronti.
Ormai forte di un potere immenso (ad egli è attribuita la stesura delle Efemeridi, ovvero i racconti quotidiani del sovrano), Eumene assistette al fatal banchetto (o presunto tale) di Alessandro, dopo il quale venne meno nel giugno del 323 a.C. Si scatenò un terremoto politico senza precedenti in quell’impero che si reggeva quasi esclusivamente sulla figura del divino Alessandro. Seguirono lotte per il potere tra i diadochi più importanti. Anche Eumene partecipò alla guerra, ma partiva da una condizione di svantaggio. Come anticipato, era l’unico tra i generali di spicco a non aver sangue macedone, bensì tracico. Allora si fece furbo, ergendosi a portavoce e simbolo della causa argeade (la dinastia di Filippo II e Alessandro III per intenderci). La scelta di campo lo contrappose ad altri pretendenti, ma gli valse il controllo di alcuni territori essenziali.
Divenuto satrapo della Cappadocia, combatté e vinse contro i comandanti Cratero e Neottolemo nella battaglia dell’Ellesponto (321 a.C.). Non fece in tempo a sostenere Perdicca, proclamatosi successore di Alessandro, che il generale conobbe la morte per assassinio. Così tutti gli altri diadochi si riunirono a Triparadiso, concordandosi sul da farsi: ammazzare Eumene e spartirsi i territori dell’impero ellenistico. Dal 321 al 316 a.C. si verificarono una serie di battaglie volte a indebolire Eumene. A manovrare la macchina bellica avversa al cardiano ci pensò Antigono Monoftalmo, già stratega d’Asia e comandante di un bel po’ di truppe fedeli.
Eumene di Cardia seppe tenere testa a questa specie di lotta senza quartiere che andava dall’altopiano iranico alle sponde levantine, ma alla fine dovette cedere, perché tradito dagli argiraspidi (fanteria speciale munita di scudi argentati). Nel 316 Antigono lo fece giustiziare, ponendo fine alla vita di un uomo ricordato all’unanimità come capace, retto e onesto. La sua stella brillò dunque, nonostante tutto.