Tre dita di una mano ed un gomito, ecco cosa ci è rimasto della perduta statua di Ercole che una volta giganteggiava nella cittadella di Amman, in Giordania. Per quanto i reperti archeologici siano di grandissimo valore – nonché di impressionante impatto – tutti si pongono la medesima domanda da diversi anni ormai: che fine ha fatto il resto della statua?
Ebbene, si tratta di un enigma. Ma prima di addentrarci negli oscuri e poco chiari corridoi del mistero, forniamo un po’ di contesto storico. Oggi si chiama Amman ed è la capitale, nonché città più popolosa, della Giordania. Per greci e romani però prendeva il nome di Filadelfia. Già centro florido in epoca ellenistica, la “città dell’amore fraterno” (traduzione del nome) passò sotto dominio romano nel I secolo a.C. e vi rimase per altri quattro.
Durante tutto questo tempo, il centro, facente parte della Decapoli, vide sorgere meravigliose opere originarie dell’ingegno architettonico romano. Strade, infrastrutture e, correlato a ciò che vogliamo narrarvi, templi. In particolare, sotto l’impero di Marco Aurelio, i romani eressero il tempio dedicato ad Ercole (o parte di esso, perché non completato). La struttura, che quindi risale alla seconda metà del II secolo d.C., è crollata nel corso degli anni a causa di un’intensa attività sismica.
Un ritrovamento nella cittadella di Amman lascia supporre la presenza di una statua immensa all’interno del tempio: la statua del semidio Ercole. Ad oggi di questa gigantesca opera scultorea possiamo ammirare solamente parte di una mano e un gomito. Lo studio delle proporzioni non mente. Se presa per intero, l’Ercole di Amman misurerebbe dai 12 ai 13 metri d’altezza; parliamo di una tra le statue in marmo più grandi del mondo antico conosciuto.
La teoria che va per la maggiore ha a che fare con i terremoti precedentemente citati. La statua sarebbe crollata a causa delle scosse e gli abitanti locali, non potendo riassemblare i pezzi, li avrebbero utilizzati per altri scopi. Un processo questo che ha risparmiato solamente tre dita ed un gomito, per nostra fortuna.
Studiosi, archeologi e, più in generale, ricercatori di tutto il mondo si interrogano sull’enigma. Una cosa è certa, se qualcuno ci chiedesse cosa ci ha fatto innamorare della cittadella di Amman, delle colonne dell’antico tempio, di tutta l’antichità che la caratterizza, noi risponderemmo in un sol modo: è stata la mano di Ercole.