Si fa una certa fatica ad immaginare un monumento più vecchio di due, tre o, per esagerare, quattro secoli al centro di una città come New York, vero? Magari è sempre stato un mio pensiero, isolato e al contempo influenzato da una sorta di pregiudizio storico per il quale, essendo gli Stati Uniti d’America un paese “giovane”, non può vantare chissà quale antica eredità architettonica-strutturale (mentre di lasciti culturali ne possiedono eccome, peccato abbiano tentato di cancellarli a suon di espropri, segregazionismo e discriminazione razziale…). Dopo aver scoperto cosa campeggia nel bel mezzo di Central Park, mi sono dovuto ricredere.
Si chiama Cleopatra’s Needle, tradotto Ago di Cleopatra. Già la sua storia smentisce il nome. Benché faccia riferimento all’ultima sovrana regnante sull’Egitto tolemaico, la sua costruzione, avvenuta nel XV secolo a.C. per volere di Thutmose III, precede Cleopatra di un millennio e mezzo. Oltre il dato squisitamente cronologico chiunque potrebbe chiedersi come ci sia finito un obelisco del Nuovo Regno nel lussureggiante verde del vasto Central Park. Ebbene, sono qui per dirvelo.
Oggi lo si chiama impropriamente Ago di Cleopatra ma andrebbe utilizzato il plurale. Con questo nome infatti ci si riferisce a ben due obelischi in granito rosa di Eliopoli, antico centro urbano a nord-est dell’attuale Cairo. Uno dei due obelischi è quello di New York, l’altro invece svetta tra il Tamigi e il Victoria Emankment, Londra. La coppia di monumenti egizi presenta delle reciproche somiglianze. Entrambi sono alti circa 21 metri e pesano 220 tonnellate. Il primo dei due a guadagnarsi il soprannome “Ago di Cleopatra”, dal francese “L’aiguille de Cléopâtre” fu quello della Grande Mela, quando ancora si ergeva ad Alessandria, nel XIX secolo.
Gli obelischi erano meraviglie ingegneristiche del loro tempo. Gli antichi Egizi davano loro un valore commemorativo e li erigevano in onore di faraoni o divinità. Grattacieli dell’antichità, come disse l’illustre egittologo Bob Brier. Riaggrappandoci alla storia dei monumenti, sappiamo come dopo la battaglia di Pelusio (525 a.C.) e il conseguente dominio persiano paventato dal re dei re Cambise II, gli invasori abbatterono gli obelischi. Per mezzo millennio riposarono sotto uno spesso manto di sabbia e arenaria, fin quando Ottaviano Augusto ordinò il loro disseppellimento. Seguì il trasloco, da Eliopoli ad Alessandria d’Egitto. Nella nuova collocazione, le vestigia facevano da contraltare al Caesareum, il tempio commissionato da Cleopatra VII per l’amato Gaio Giulio Cesare.
Le fonti tacciono per tutto il Tardoantico (salvo qualche eccezione di poco conto). In epoca medievale, ad essere precisi e puntuali nel 1303, il terribile terremoto di Creta ne buttò giù uno: quello di Londra. Nessuno si prese la briga di riportarlo alla posizione originale fino all’Ottocento: il secolo dell’egittomania.
Mentre nei salotti borghesi di mezza Europa ci si dilettava con lo “Spoglio delle Mummie“, il wālī d’Egitto Muhammad ‘Ali Pascià donò all’Inghilterra l’obelisco caduto. L’allora primo ministro Lord Liverpool in un primo momento accettò, salvo poi tentennare per gli enormi costi di spedizione richiesti. Così, seppur formalmente di proprietà britannica, l’obelisco non si mosse da Alessandria fino al travagliato viaggio del 1877, durante il quale il natante che trasportava l’opera architettonica naufragò. Lo sfortunato episodio costò la vita a sei uomini (oggi ricordati dalla targa rivolta in direzione del Tamigi) ma alla fine l’odissea terminò con la collocazione dell’obelisco nell’attuale ubicazione.
Molto meno tormentata fu la vicenda dell’Ago di Cleopatra americano. Questo fu proposto in dono dal chedivè Isma’il Pascià ai neutrali USA con l’intento di ingraziarseli. Un gesto in contrapposizione alle manovre velate di Francia e Gran Bretagna, interessante alla supervisione del governo egiziano a seguito dell’apertura del Canale di Suez. Nel 1879 l’obelisco affrontò la traversata atlantica, giungendo a New York l’anno successivo. Per l’inaugurazione si attese il 22 febbraio 1881.
Da allora il Cleopatra’s Needle affascina le migliaia di persone che ogni giorno godono del relax offerto dal famoso parco di New York. Personalmente, se non mi avessero raccontato una storia del genere, non avrei mai creduto che un monumento egizio di 3.500 anni potesse trovarsi incastonato tra gli alberi e i prati di Central Park.