I ricercatori dell’Università di Copenaghen hanno analizzato i resti di 77 individui sepolti in un antico sito archeologico risalente all’ultima epoca neolitica. Il luogo d’interesse corrisponde a Gӧkhem, Svezia centro-meridionale. In particolare, il team di studio multidisciplinare ha focalizzato il proprio interesse sullo scheletro di una donna venuta a mancare 4.900 anni fa. Analizzando la polpa dentale, ci si è resi conto dell’entità della firma batterica; questa evidenzia la causa di morte della donna: Yersinia pestis, morte nera, in definitiva peste.
Il ragionamento che segue non è da intendere come un approfondimento della scoperta archeologica. L’intento è quello di dimostrare (avvalendomi dei risultati dello studio danese appena citato) come il morbo che colpì l’Europa nella metà del XIV secolo non fu una cosa “nuova” per il nostro continente, bensì una ripetizione (su larga scala) degli eventi. Fino a non molto tempo fa gli scienziati ritenevano come il batterio Yersinia pestis provenisse dall’Asia. L’evidenza scientifica riscontrata nel 2018 potrebbe smentire le precedenti ipotesi sull’origine asiatica.
Lo studio procede secondo un duplice binario: da un lato, come fa notare il co-autore Simon Rasmussen – professore presso l’Università Tecnica della Danimarca – cerca di presentare sinteticamente il contesto sociale e demografico europeo durante l’era neolitica (terminata intorno al III millennio a.C.). Dall’altro lato intende verificare l’impatto del morbo che forse originò in Europa e che, restando sempre sull’ipotetico, si diffuse a livello epidemico. Seguirò lo stesso spartito.
All’incirca 6.000 anni fa la quota demografica conosceva una forte crescita nelle regioni europee come i Balcani orientali, le prime urbanità affacciate sul Mar Nero, gli agglomerati ai piedi dei Carpazi e così via. Convenzionalmente, ci si riferisce a tale epoca come quella dei “Mega-Insediamenti“. Dopo qualche secolo però, queste proto città smisero di svilupparsi e anzi, andarono incontro allo spopolamento, determinando un rallentamento dell’indice demografico.
Ed è su questo spaccato temporale che dobbiamo concentrare le nostre attenzioni. Critici storici ed esperti da sempre evidenziano come la ragione di questo stop sia da attribuire alle migrazioni verso occidente dei popoli centroasiatici. La genti della steppa sostituirono in larga parte la popolazione autoctona europea (arrivando ad un 70% del ricambio complessivo). Ma a determinare l’impatto negativo sulla crescita furono innumerevoli fattori, tra cui la peste.
In conclusione, lo studio danese ipotizza come alla base dell’abbandono e dello spopolamento dei “Mega-Insediamenti” ci fosse il timore per la peste. Una paura che si è materializzata in modo devastante tra i 5.800 ed i 4.900 anni fa. Resta il fatto che l’ipotesi sia tutta da comprovare e supportare con ulteriori argomentazioni di carattere storico-scientifico. Vorrei ribadire come l’intera discussione proposta dai ricercatori danesi origini dal DNA di una donna e da qualche plausibile incastro con gli eventi di questo remoto passato.