Bene o male tutti sanno come, quando e perché sorse l’Anfiteatro Flavio. Chiunque ricorda che è stato costruito tra il 70 e l’80 d.C. per volontà prima di Vespasiano e poi di suo figlio Tito. È diventato quasi banale descriverne i dettagli, collocarlo temporalmente, inserirlo in uno specifico contesto storico che, come la maggior parte delle persone tende erroneamente a fare, è quello dell’antichità. Ma il Colosseo dopo il declino delle istituzioni romano-occidentali non ha smesso di esistere: è semplicemente entrato in una seconda fase della sua vita, connotata da elementi di indubbia curiosità e interesse.
Il più grande anfiteatro del mondo romano nasce per scopi ludici nel I secolo d.C. e muore, agli occhi di chi lo vedeva solo come una mastodontica fonte d’intrattenimento, non più tardi del VI secolo. In epoca altomedievale diversi furono i suoi usi: prima come cimitero, poi come luogo di culto. È tra il VI e il VII secolo che la chiesa, sfruttando uno spazio vuoto tra le fornici della struttura, vi fonda la Chiesa di Santa Maria della Pietà al Colosseo (ancora oggi esistente ed attiva, con tanto di messa pronunciata ogni sabato e domenica).
Tuttavia fino al X secolo non si hanno fonti archeologiche o documentali in grado di delineare una dinamica coerente dietro la rioccupazione dello spazio. La certezza però non manca nel constare che lungo tutta l’epoca medievale si procedette all’estrazione e il recupero di materiali all’interno della struttura. Sotto il pontificato di Leone IV, all’incirca nell’847, un violento terremoto colpì Roma. Il frontone meridionale, già fatiscente, si sgretolò su se stesso, formando l’accumulo di detriti poi noto come coxa. L’evento sismico risparmiò solo il versante settentrionale, ovvero le 33 arcate (delle 80 complessive) che ancora oggi si possono ammirare.
In seguito al terremoto il Colosseo divenne casa per molti viandanti e mercato per tanti popolani (quei pochissimi che vivevano al di fuori delle mura). In sede di consultazione storica è importantissimo il passaggio dell’area sotto l’amministrazione della vicina Chiesa di Santa Maria Nova. Gli allora funzionari ecclesiastici, in virtù del mantenimento dell’anfiteatro, produssero del materiale documentale. Esso è giunto fino a noi solo parzialmente. Comunque è quanto basta per attestare locazioni da parte della chiesa di abitazioni e piccoli locali all’interno del Colosseo tra XI e XIII secolo.
Gli scavi archeologi offrono la controprova di quanto detto. Il Colosseo in quegli anni brulicò di vita umana ed animale. Come una piazza, le persone passeggiavano al suo interno. Vivevano in vere e proprie strutture abitative (le fonti si riferiscono a queste talora come domus se più capienti, o cryptae, se di minor entità). Durante il Duecento la potente famiglia romana dei Frangipane arrivò persino a fortificare l’Anfiteatro Flavio, trasformandolo in una sorta di palazzo/fortino. Successivamente il Papa ne ordinò la demolizione.
Fu solamente a partire dalla prima età moderna, perciò dal Cinquecento, che la Chiesa di Roma cominciò ad esportare dalla struttura sempre più maggiori quantità di travertino e materiale edile in generale. Per fare due esempi: i blocchi del Colosseo furono riutilizzati per la costruzione di Palazzo Barberini e per il restauro del porto di Ripetta, uno degli scali fluviali della città demoliti negli anni ’70 del XIX secolo.
Voglio lasciarvi con le incantevoli parole dedicate da Goethe al Colosseo, in occasione del suo viaggio italiano nel 1787: “Incantevole è soprattutto la vista del Colosseo, che di notte è chiuso. All’interno, in una cappelletta, vive un eremita e sotto le volte in rovina si riparano i mendicanti. Essi avevano acceso il fuoco sul terreno del fondo, e un venticello spingeva il fumo sopra tutta l’arena, coprendo la parte bassa dei ruderi, mentre le mura gigantesche torreggiavano fosche in alto. Noi, fermi davanti all’inferriata, contemplavamo quel prodigio, e in cielo la luna splendeva alta e serena. A poco a poco il fumo si diffondeva attraverso le pareti, i vani, le aperture, e nella luce lunare sembrava nebbia…”.
“Era uno spettacolo senza l’uguale. Così si dovrebbero vedere illuminati il Pantheon e il Campidoglio, il colonnato di S. Pietro e altre grandi vie e piazze. E così il sole e la luna, non dissimilmente dallo spirito umano, hanno qui tutt’altra funzione che in altri luoghi. Qui, dove il loro sguardo è fronteggiato da masse enormi, eppure formalmente perfette.” (Johann Wolfgang von Goethe, Viaggio in Italia).