Al mondo esistono – o sono esistiti – fari in grado di raggiungere una fama senza eguali. La loro funzione, indispensabile e centrale un tempo, spesso lascia spazio al valore che si cela dietro la loro nostalgica bellezza. Basta citare gli immancabili fari di Alessandria d’Egitto, di Genova, ma anche quelli di Ercole (A Coruña), Cordouan in Francia e Tourlitis in Grecia, per comprendere la portata storica dell’argomento. Bene, detto ciò, mi sono posto la seguente domanda: che fine hanno fatto i fari costruiti durante l’epoca romana? Girando la penisola o l’area mediterranea, di loro sembra essersi persa qualunque traccia, come se in realtà non fossero mai esistiti. A scardinare questo presunto ragionamento resta per fortuna una testimonianza vivida, eccezionale ed unica nel suo genere. In Inghilterra, signore e signori, si erge l’ultimo faro romano sopravvissuto fino ai giorni nostri. Questa è la sua storia.
Una storia, quella del faro, che convive con la città di Dover (Portus Dubris per i romani) e con l’immenso castello che ne simboleggia l’identità. Il polo urbano più grande del Kent, nella punta sud-est dell’isola, può vantare più di due millenni di storia. Una datazione approssimativa suggerita dalla stessa fortezza che con i suoi visibili terrapieni tradisce la propria origine medievale, collocandola ancor più addietro nel tempo. La posizione strategica della città e del suo castello hanno reso l’area il punto d’accesso prediletto per ogni popolo volenteroso di penetrare in Gran Bretagna. Non è un caso che il soprannome di Dover sia “Key to England”, ovvero “Chiave per l’Inghilterra”.
Il presupposto non è campato in aria, visto che lo stesso Gaio Giulio Cesare, in uno dei suoi tentativi fallimentari di approdare in Britannia, scelse esattamente l’estremità sud-orientale per far attraccare la flotta. Ma il dictator fu solo il primo a provarci. Per tutto il primo secolo dopo la nascita di Cristo, le continue invasioni romane fecero di Dubris una testa di ponte dalla quale proseguire nelle operazioni di terra. Ragion per cui l’amministrazione romana (già sotto Claudio) decise di costruire in loco due “phari”.
Della coppia, ne rimane uno soltanto, l’ultimo faro romano come anticipato. Essendo stato costruito in un arco di tempo che va dal 50 al 138 d.C. la struttura può vantare quasi duemila tondi anni di storia. Il faro di Dover ha mantenuto pressoché il suo aspetto originario (nonostante qualche ritocchino in epoca medievale, che pure c’è stato).
Per la sua altezza (circa 24 metri), gli ecclesiastici adibirono la costruzione romana a campanile della vicina chiesa, a sua volta interna all’area del castello. Il faro detiene diversi record: prima di tutto è la struttura di origine romana più antica d’Inghilterra (assieme al tempio di Claudio a Colchester).
In secondo luogo, anche se con le dovute spiegazioni, si può considerare davvero l’ultimo faro romano. Sì, esistono strutture della medesima origine, ma sono state rimodellate, trasfigurate, adattate ad altri scopi. L’esempio lampante è quello del faro tiberino a Capri, in disuso già dal Seicento e crollato su se stesso durante l’Ottocento. Oggi di quella torre non resta altro che la base e poco più.