Sembra uno scherzo anacronistico, una burla della storia, chiamatela come volete insomma, ma fino a pochi decenni fa in Uruguay era legale e sacrosanto spararsi per riscattare un onore leso in precedenza. Duelli, chiamiamoli con il loro nome, che sono stati al centro del dibattito giornalistico e pubblico nel paese latinoamericano per circa 72 anni. Ma la storia dei duelli in Uruguay è ben più radicata di quanto si possa credere e lo si capisce dando uno sguardo al suo trascorso coloniale sette-ottocentesco.
Furono gli europei emigrati in Sudamerica a normalizzare la pratica del duello, già in voga nel Vecchio Continente. Non sempre “normalizzare” si traduce in “legalizzare” tuttavia. Prima che l’Uruguay diventasse una repubblica indipendente (nel 1828 con il Trattato di Montevideo), la pratica del duello d’onore era formalmente illegale. Risaliva al 1815 la legge promulgata dal Director supremo delle Province Unite del Río de la Plata che specificava come “Tutti i duelli sono proibiti, pena la morte di chiunque lo esegua o partecipi in veste di sfidante, sfidato o padrino”.
Vi era un motivo se il Cabildo di Montevideo (l’allora sede dell’esecutivo) sentiva la necessità di formulare una simile legge. Tra le classi meno abbienti del paese duellare era un semplice ed efficace metodo per porre fine alle più disparate controversie. Soprattutto nelle zone rurali si poteva assistere ai cosiddetti “duelli creoli” (anche nota come “scherma creola”). Protagonisti indiscussi – spesso loro malgrado – erano i gauchos, la versione Pampa dei cowboy americani. Scontri regolamentati che di frequente finivano con la morte di uno o di entrambi gli sfidanti. Non di rado i latifondisti o le autorità punivano gli esecutori di questi duelli, considerati infimi, di basso rango, perciò perseguibili. La musica cambiava qualora i partecipanti del duello potessero vantare ricchezze, prestigio e, come suggerisce l’argomento, onore.
Anche questi erano teoricamente proibiti, ma nell’atto pratico se eri un pezzo grosso della società uruguagia e volevi sfidare qualcuno a duello, a nessun poliziotto sarebbe mai venuto in mente di fermarti. Contese di un certo livello se ne verificarono a decine durante il secondo Ottocento, ma su un episodio in particolare vorrei soffermarmi.
2 aprile 1920: Washington Beltrán Barbat e José Batlle y Ordóñez sono uno di fronte all’altro, a distanza di venti passi, pronti a scaricarsi reciprocamente del caro buon vecchio piombo. I nomi non vi diranno nulla, perciò vi dico io chi sono: il primo nominato è semplicemente il giornalista più autorevole della nazione uruguaiana, politico influente e direttore del quotidiano El País. L’altro è nientemeno che il due volte presidente dell’Uruguay (primo mandato 1903-1907, secondo mandato 1911-1915), colui che indusse il paese sulla via della secolarizzazione e del riformismo sociale.
A scatenare l’astio tra le due personalità di spicco ci pensò un editoriale critico di Barbat rivolto a Batlle y Ordóñez. Beh, perché non risolverla a duello? Detto fatto, esso andò in scena e vide l’ex presidente prevalere, con il giovane e promettente giornalista che morì in seguito alle ferite riportate. Pensate che il confronto ebbe così tanto risalto mediatico che qualche mese dopo, il 6 agosto 1920, il parlamento di Montevideo promulgò la discussa “ley de duelo“. Anche senza traduzione capiamo benissimo il contenuto della stessa. Sostanzialmente si decretò l’impunità per la pratica del duello d’onore, a patto che seguisse delle regole predeterminate e si svolgesse secondo criteri considerati “universalmente accettabili”. Non so voi, ma a me sembra una supercazzola.
L’opposizione al disegno di legge, capeggiata dall’onorevole Canessa, si espresse così a tal riguardo:
«Il danno che provoca alla società, lungi dallo spingere i legislatori ad eliminare le sanzioni, dovrebbe indurli a sanzionarne di nuove e più vigorose. Esso rappresenta la negazione di una dottrina sociale che il nostro parlamento si vanta di aver contemplato. Non si spiega come il nostro parlamento, che vuole vietare agli uomini di uccidersi avvelenandosi nelle taverne, lo permetta impunemente nel cosiddetto campo dell’onore. […] Chi viene ucciso sul campo dell’onore è colui che non ha ragione e per questo costituisce una pratica barbara e ingiusta».
Come largamente anticipato, la legge sul duello passò. Col trascorrere degli anni, tanti paesi che in un senso o nell’altro vantavano legislazioni simili a quella uruguagia, finirono per abbandonarle, inibirle o direttamente abrogarle. Non l’Uruguay che negli anni ’70 restava l’unica nazione al mondo in cui il duello d’onore era non solo permesso, ma socialmente accettato e giuridicamente protetto.
La spinta per un cambio di rotta provenne dall’opinione pubblica a partire dal 1990. Ancora una volta fu un episodio a scuotere la sensibilità dei più, come era accaduto settant’anni prima con Barbat e Batlle y Ordóñez. Questa volta toccò all’ispettore di polizia Saúl Clavería (alto papavero dell’intelligence durante gli anni della dittatura militare-civile), il quale sfidò a duello il giornalista Federico Fasano Mertens, direttore del quotidiano La República.
Per fortuna nessuno ci rimise le penne, ma sarebbe stato l’ultimo dei duelli legali. Il parlamento di Montevideo ha abrogato la “ley de duelo” con l’articolo I della legge 16.274 del 6 luglio 1992. Stiamo parlando dell’altro ieri, incredibile.