La tradizionale storiografia ottocentesca ha dato tanto al nostro modo di intendere il passato, anche quello più remoto e apparentemente imperscrutabile. Tuttavia bisogna guardare pure l’altro lato della medaglia ed essere onesti: alcune delle nozioni storiche figlie di questa tradizione, seppur distorte (se non addirittura inventate di sana pianta…), continuano a sopravvivere e a radicarsi nella mente della gente comune. Per scendere dal piedistallo dell’astrattezza, vi faccio un esempio che più concreto di così si muore. Qual è per voi la battaglia altomedievale più importante e significativa della storia europea? Sono pronto a scommettere che alla domanda molti risponderanno dicendo “Poitiers del 732”, quella in cui si affermò definitivamente l’astro di Carlo Martello e della dinastia carolingia. Ma sono qui oggi per dirvi che undici anni prima andò in scena uno scontro ancor più importante, ingiustamente ignorato/sottovalutato. Signore e signori, questa è la storia della battaglia di Tolosa del 721.

Nell’VIII secolo l’espansione musulmana guidata dagli Omayyadi di al-Andalus avanzava dritta verso la Francia meridionale dopo il velocissimo crollo dei Visigoti in Iberia. Al-Samh ibn Malik al-Khawlani, il wāli (governatore generale) omayyade di al-Andalus, mise in piedi un grande esercito, composto prevalentemente da arabi e berberi, per penetrare e assoggettare i territori meridionali del Regno dei Franchi. Nelle intenzioni di Al-Samh il primo obiettivo doveva essere il Ducato d’Aquitania, formalmente sotto la sovranità merovingia ma nei fatti controllata dal suo duca che all’epoca rispondeva al nome di Oddone d’Aquitania (nato prima del 670 – 735).
L’imponente esercito del wāli (di cui però non conosciamo l’effettiva grandezza, anche se possiamo inquadrarlo nell’ordine delle decine di migliaia) vantava macchine d’assedio, fanteria ben armata, cavalleria altrettanto ben organizzata, per non parlare di un nutrito corpo di mercenari (vedasi i frombolieri baschi). Con questa forza, nel marzo del 721 Al-Samh pose d’assedio la città di Tolosa, la capitale dell’Aquitania nonché snodo principale per le altre maggiori città del regno franco. Per farla breve: se fosse caduta Tolosa, per i Franchi sarebbe stato difficile fermare eventuali e ulteriori scorribande musulmane.
Oddone non si trovava all’interno della città all’inizio dell’assedio. Egli era appositamente uscito dalle mura per andare a cercare aiuto. Ma a chi chiederlo? Sicuramente Carlo Martello, maggiordomo di palazzo dei regni merovingi, non poteva offrire alcun aiuto alla causa aquitana visto il suo impegno nella guerra contro i Sassoni ad est. Inoltre bisogna specificare una cosa, assolutamente non secondaria: Carlo Martello e Oddone d’Aquitania erano rivali e rappresentavano all’epoca i due uomini più influenti dell’instabile reame franco. Diciamo che è possibile leggere nell’immobilismo del maggiordomo di palazzo di fronte alle richieste aquitane una specie di volontà opportunistica.

Qualcun altro rispose positivamente alle richieste del duca d’Aquitania. Egli infatti raccolse rinforzi dalla Neustria, dalla Guascogna e della Burgundia e in giugno si presentò al cospetto di Tolosa. Da tre mesi i mori andalusi stringevano la città in una morsa asfissiante. Però Al-Samh peccò di superbia. Non aspettandosi un ritorno di Oddone, non predispose misure precauzionali per un eventuale accerchiamento in suo sfavore. Insomma, non fece come Cesare ad Alesia. Il 9 giugno l’esercito franco attaccò quello omayyade e lo disperse in un lampo, salvando Tolosa e probabilmente l’intero regno.
Al-Samh riuscì a fuggire con una piccola frazione dei suoi uomini, ma morì poco dopo a Narbona a causa delle ferite riportate. La strada che questi contingenti in ritirata percorsero, inseguiti come erano dai cavalieri cristiani, prese il nome di Balat al-Shuhada (“sentiero dei martiri”). I cronisti musulmani scelsero l’appellativo riferendosi al massacro di berberi e arabi che seguì alla disfatta di Tolosa. Le fonti musulmane non riportano il numero delle forze in gioco, ma fanno riferimento ad un primo conteggio delle vittime. Questa cifra, che è di 3.750 morti, può considerarsi attendibile o comunque verosimile. Le battaglie altomedievali in media terminavano con un numero di morti, feriti e dispersi simile a quello di Tolosa.

Al contrario le cronache cristiane (vicine ad Oddone) esagerarono anche in modo grossolano la portata della vittoria. Il duca d’Aquitania scrisse una lettera all’allora papa Gregorio II in cui diceva di aver ucciso all’incirca 375.000 mori e di aver perso non più di 1.500 dei suoi. Quest’ultimo dato potrebbe essere veritiero, ma il primo, beh, fate voi…
Sono le conseguenze che devono attirare maggiormente la nostra attenzione, altrimenti risulterebbe poco comprensibile il confronto con Poitiers. Le maggiori potenze europee dell’epoca interpretarono la battaglia di Tolosa in modi paradossalmente diversi. Carlo Martello (eroe e capostipite della dinastia carolingia, dominante nei secoli a venire) non volle dare parecchio risalto alla vittoria del suo principale rivale. La Chiesa di Roma in un primo momento incensò l’operato di Oddone, elevandolo a campione del Cristianesimo.

A livello militare Tolosa spiattellò per la prima volta agli omayyadi di al-Andalus una dura verità: non erano invincibili. Il passo falso pose temporaneamente fine alle grandi operazioni militari musulmane nel sud della Gallia – ma non alle razzie, che proseguirono. Questa interruzione fornì indirettamente il tempo necessario a Carlo Martello di consolidare il proprio potere e rafforzare l’esercito a lui fedele. Si può dire, senza scadere nel revisionismo, che la battaglia di Tolosa rese possibile il successo di Poitiers del 732. Un successo più significativo da un punto di vista politico (per la propaganda che ne seguì) che militare (a Poitiers andò in scena una scaramuccia tra eserciti di frontiera).
A testimonianza di ciò un ultimo dato. Le fonti musulmane, meno interessate nel dare credito ad una propaganda cristiana invece di un’altra, rievocarono la batosta di Tolosa per almeno altri 400 anni. Al contrario considerarono Poitiers uno scontro minore. Questi i motivi per cui gli storici ritengono che Tolosa sia stata una battaglia sì cruciale, ma dimenticata in favore di Poitiers, perché non rientrava nella narrativa dell’ascesa dei Carolingi. Narrativa necessaria a legittimare le pretese al trono di Carlo Martello e dei suoi successori, non ultimo Carlo Magno.