Anche la più insospettabile fra le colline nasconde reconditi segreti. Ce lo insegna un’indagine archeologica nei pressi di Teteles de Ávila Castillo, nello stato messicano di Puebla. Osservando un’aggiornata mappa topografica dell’area, il team interdisciplinare operativo sul campo ha constatato una sorta di “anomalia” nella posizione di alcuni rilievi. Il sospetto è immediatamente nato a seguito di un confronto con l’ubicazione del vicino centro urbano. Detto in parole povere: gli esperti hanno fornito delle prove convincenti affinché si procedesse con degli scavi, forti della convinzione che al di sotto di una specifica collina si potesse trovare tutt’altro che semplice terra. Ebbene, la scommessa è stata vinta.
Alberto Diez Barroso Repizo, responsabile del progetto di Teteles de Ávila Castillo, fornisce una prima descrizione della scoperta: “In tempi antichi, a partire dal VII secolo a.C., quest’area si presentava come un centro cerimoniale. Qui si sviluppò un’antica cultura primitiva del Sierra Norte che, per ragioni sconosciute, si ritiene sia emigrata a Teotihuacan, Cantona o Cholula. In seguito queste genti tornarono nella zona in cui ci troviamo oggi, forse per rendere omaggio agli antenati”. Il ricercatore sostiene come ci siano delle forti somiglianze culturali tra chi abitò l’area interessata dagli scavi e alcuni gruppi Totonac. Anch’essi presenti nella regione ma in un lasso temporale differente.
La collina sulla quale vorrei attirare l’attenzione del lettore prende il nome di “Struttura 2”. Le operazioni di scavo hanno permesso il rinvenimento di frammenti in ceramica bruciata, cocci, così come ossidiana e basalto lavorato. In base a delle fonti locali, sappiamo come gli antichi abitanti di Teteles de Ávila Castillo chiamassero l’area con il nome “Tetelittico” o ancora “Los cerritos”. I termini svelano chiaramente la natura religiosa del luogo indicato. In lingua Nahua, la radice tetel assume il significato di “tumulo di pietra“; una simile struttura doveva per forza di cose svolgere la funzione di luogo sacro, in cui praticare atti cerimoniali di matrice cultuale.
Per completare il quadro interpretativo fornito dagli archeologi si può estendere il ragionamento riferito alla singola “Struttura 2” agli altri rilievi collinari. Sì, perché il progetto ha posto l’accento sul numero, affatto irrilevante, delle strutture piramidali (come si nota bene dalla mappa topografica di cui sopra). All’incirca 3.000 anni fa, gli antichi edificarono suddette piramidi per chiari ed evidenti scopi liturgici, legati a loro volta ad una più vasta concezione astronomica.
C’è da dire come le ricerche sul campo siano ancora in una fase iniziale. Sebbene gli archeologi abbiano individuato ben 16 piramidi in un’area di 12 ettari, l’analisi dettagliata per ora coinvolge esclusivamente due strutture.
L’ipotesi prevalente (non ancora confermata) denota un collegamento tra la città e gli edifici piramidali, un legame che assume le sembianze di una celebrazione per il mutamento delle stagioni nonché delle costellazioni. Questi due aspetti non sono disgiunti; la loro profonda comprensione permetteva la realizzazione di un calendario agricolo, indissolubilmente legato al dato cosmico, astrologico/astronomico. Ecco cosa può nascondere un’innocua, innocente, insospettabile collina.