Spesso ci si chiede come sia possibile che da una figura genitoriale modello possa nascere e crescere un erede dalle caratteristiche totalmente opposte. Eppure è possibile, ed è stato questo il caso dell’imperatore filosofo Marco Aurelio e del suo unico erede, Commodo, annoverato tra gli imperatori più scellerati della storia, assieme a Caligola e Nerone. La partecipazione da gladiatore nell’arena, l’uccisione di animali e di esseri umani contribuirono a descriverlo come imperatore crudele e dissoluto.
Commodo nasce a Roma nel 161 d. C. e sin dalla tenera età gode dell’influenza di molti maestri di pregio, come afferma lo stesso Marco Aurelio, tra cui il medico Galeno, il quale aveva il compito di salvaguardare la vita del futuro imperatore. La salvaguardia della vita di Commodo era una prerogativa del padre, poiché egli sarebbe stato il primo della dinastia degli Antonini a non dovere ricorrere al principio di adozione per continuare la dinastia.
Come accadeva spesso nelle commedie plautine latine, il padre diveniva vittima delle azioni deleterie del figlio, vivendo così in un mondo alla rovescia. In effetti, anche l’universo commodiano si poteva definire “alla rovescia”. Alla morte di Marco Aurelio nel 180, Commodo assunse le redini del principato come imperatore, discostandosi su molti fronti dai dettami paterni, tanto da fomentare credenze sulla sua instabilità mentale.
La principale fonte di riferimento per Commodo è certamente Cassio Dione, il quale racconta gli svaghi stravaganti dell’imperatore gladiatore. Infatti, scrive:
“Commodo, intanto, trascorreva la maggior parte della
vita dedicandosi ai divertimenti, ai cavalli e ai combattimenti di bestie feroci
e di uomini. Infatti, oltre ai delitti, che commetteva in casa sua, faceva spesso
uccidere in pubblico un gran numero di uomini e di animali selvatici, tra cui giraffe ed elefanti“.
Tale racconto potrebbe far riferimento all’anno 183. La zecca di Roma in quell’anno iniziò a battere una moneta bronzea raffigurante Commodo imperatore da un lato e con un elefante corazzato dall’altro. Proprio come l’Ercole trionfante sull’idra di Lerna, Commodo trionfava nell’arena, paragonandosi appunto al dio Ercole.
Oltre ai combattimenti da gladiatore, un’altra “passione” di Commodo era il pensiero costante della congiura. Scampato a diversi tentativi, per ironia della sorte, fu assassinato da un gladiatore di professione in pensione, Narcisso, nonché suo maestro di combattimento. Il 31 dicembre del 192 Commodo e la sua follia svanirono per sempre, ma il declino dell’impero romano era solo all’inizio della sua inarrestabile corsa verso il fondo. Commodo, a causa delle sue negligenze – secondo il nostro Cassio Dione -, aveva avuto l’infausto merito di trasformare Roma in un “regno di ferro e ruggine”.