Se siete in modalità Homer Simpson, un’alluvione di birra potrebbe sembrarvi un sogno. In realtà, però, quello che è passato alla storia con il nome di London Beer Flood si dimostrò essere un vero e proprio incubo per i londinesi. Tanto che quell’inondazione di birra è ricordata come una catastrofe per la capitale inglese.
La tragedia dell’alluvione di birra di Londra

Teatro dell’incidente fu il The Horse Shoe Brewery, un birrificio di Londra. Tutto avvenne il 17 ottobre 1814 quando, a causa di un incidente, circa 1.470.000 litri di birra si riversarono lungo le strade di Londra, scatenando il caos e provocando la morte di diverse persone. Il birrificio originario risale al 1623, mentre la Horse Shoe Brewery era più recente, risalendo al 1764. Questa crebbe fino a diventare una delle quindici principali aziende produttrici di birra. Essa ospitava dal 1795 la più grande vasca di birra mai realizzata, con una capacità di 20.000 barili.
Il birrificio continuò a crescere fino a diventare il sesto produttore di birra per grandezza. Quando avvenne l’incidente era già avvenuta la fusione o l’acquisto (i registri dell’epoca non sono ben chiari) con la Clowes & Co di Bermondsey.
Arriviamo così al 1814, l’anno del London Beer Flood. Ma cosa accadde? Beh, in pratica uno dei tini che conteneva la birra in fermentazione e che era fatto di legno, si ruppe. Il tino in questione era alto 6,7 metri. George Crick, un impiegato, notò che uno dei cerchi del tino, del peso di 317 tonnellate, era scivolato via.

Non era la prima volta che succedeva una cosa del genere e si sapeva che ciò avrebbe potuto far aumentare la pressione nei tini, compromettendone l’integrità. Tuttavia un supervisore, nonostante i rischi del caso, minimizzò la cosa sostenendo che non era detto che ci sarebbero stati dei danni. Sbagliandosi clamorosamente. Nel giro di un’ora da quando era stato notato lo slittamento del cerchio, ecco che il tino esplose. Già un incidente del genere, di per sé, era abbastanza grave. Ma la rottura del primo tino ebbe un effetto domino, causando la caduta e la rottura degli altri tini limitrofi. Ciò causò la fuoriuscita di circa 1.470.000 litri di birra.
Birra che finì con l’inondare le strade circostanti. Ci furono diversi morti. L’esplosione iniziale fu tale da danneggiare gli edifici vicini. Una delle vittime fu Eleanor Cooper: durante l’esplosione stava camminando per Great Russell Street quando i mattoni di un muro vicino le crollarono addosso, uccidendola all’istante. Aveva solo 14 anni. Altre vittime furono Mary Mulvey di 30 anni, il di lei figlio Thomas Murry di soli 3 anni, Hannah Bamfield di 4 anni, Sarah Bates di 3 anni, Ann Saville di 60 anni, Elizabeth Smith di 27 anni e Catherine Butler di 65 anni.
A seguito dell’incidente, poi, diversi curiosi pagarono pur di poter vedere i tini di birra responsabili del disastro (antenati probabilmente di chi, al giorno d’oggi, si fa i selfie davanti a incidenti e disastri vari). Inoltre pare che le strade devastate dall’ondata di birra puzzarono di lievito e birra stantia per mesi.

Ovviamente il birrificio finì in tribunale. Solo che i giudici stabilirono che l’incidente era un “atto di Dio che non lasciò nessun responsabile“. Il birrificio non solo non venne considerato responsabile per la morte e la devastazione portata in città, ma non ci fu nessun risarcimento per le famiglie delle vittime.
Non solo! L’azienda riuscì anche a recuperare parte del costo della birra perduta grazie a uno stanziamento di 7.000 sterline del tempo voluto dal Parlamento per impedirne il fallimento. Business, care e cari, semplice business. Ma era troppo tardi, il destino del birrificio era segnato. Chiuse i battenti negli anni ’20, finendo demolito un anno dopo la chiusura.