La storia degli USA inizia grossomodo nel XVIII secolo con l’indipendenza delle 13 colonie e il progressivo allargamento ad ovest, nei territori dei nativi americani. Tutti sanno però che questo processo fu tutt’altro che pacifico e proficuo. La relazione non fu mai biunivoca e costruttiva, i nativi furono sempre svantaggiati e sfruttati.
Dalla costa est i coloni mossero sempre di più verso il centro, e poi verso ovest, alla ricerca di terre vergini da coltivare e colonizzare. Oltre al barbaro fenomeno della schiavitù, ce n’è un altro particolarmente crudo e triste: lo sradicamento dei bambini nativi. Questi, una volta sottratti alle famiglie, finivano nei collegi.
Questa pratica, come molte altre del periodo ed anche del secolo XIX, si basavano su teorie razziste, all’epoca considerate scientificamente fondate. Gli americani delle colonie si consideravano cioè superiori moralmente e culturalmente. La loro educazione salvava i bambini, o almeno era quello che credevano.
La pratica era in realtà cruda e priva di senso. I bambini si trovavano in tenera età lontani dalla famiglia e sradicati dalla cultura del loro popolo. Migliaia di storie e pezzi di cultura, soprattutto quella orale, si persero così nel tragitto di allargamento ad ovest delle colonie.
Man mano che la cultura indigena prendeva consapevolezza del proprio valore e della barbarie subita fino a quel momento, cominciò una forma di reazione. I collegi divennero illegali ma ciò, purtroppo, non arrestò le pratiche discriminatorie e razziali. Iniziò un’altra pratica simile: l’adozione di bambini indigeni da parte delle famiglie americane.
Solo col tempo tali processi storici nefasti cessarono. Questo è solo una delle numerose vicende tristi legate alla storia dei nativi americani. Ma purtroppo la storia non è sempre bella e appassionante ed è giusto ricordare anche le pagine più tristi, col buon proposito di migliorarci e cercare di non regredire.