In molti hanno sempre pensato che il clima (sotto forma di piccola era Glaciale tardiva) e la peste Giustiniana fossero alla base del declino dell’Impero Romano d’Oriente. Ma se non fosse proprio così? A sostenerlo è un nuovo studio pubblicato sulla rivista Klio dai ricercatori Haggai Olshanetsky, dell’Università di Varsavia, e Lev Cosijns, dell’Università di Oxford. Secondo loro il cambiamento climatico e la peste ebbero un impatto limitato in tale caduta.
Clima e peste c’entrarono poco con la caduta dell’Impero Romano d’Oriente
Secondo gli autori dello studio peste e cambiamenti climatici non furono esattamente alla base della cristi dell’Impero Romano d’Oriente. Quest’ultimo, infatti, fu messo in ginocchio dalle invasioni persiane e dall’espansione islamica del VII secolo.
Quindi l’agricoltura, intesa come il fattore economico alla base della maggior parte di imperi come questo, non fu influenzata più di tanto dalla piccola era Glaciale tardiva come finora ipotizzato. Certo, l’impatto dell’era Glaciale ci fu, ma lo si potrebbe aver ampiamente sopravvalutato.
Alle latitudini più elevate dell’emisfero settentrionale, all’epoca le temperature medie annuali calarono di 1,6°C, ma nelle zone meridionali come l’Egitto e la Giudea, calarono di soli 0,25°C. Secondo i ricercatori, dunque, il 536 d.C. non è stato l’anno peggiore in cui vivere.
Almeno, non per la maggior parte delle persone dell’epoca. Ovviamente per le persone che vivevano in Scandinavia fu disastroso, ma chi viveva nell’Impero Romano d’Oriente continuò la sua vita esattamente come prima.
E per la peste di Giustiniano? Descritta da sempre come una delle pandemie più mortali della storia, anche questa sarebbe stata vittima di un ingigantimento storico. Le prove archeologiche, infatti, non supporterebbero un crollo demografico così rapido con annessa crisi economica.
Fonti autorevoli citano effettivamente piccole epidemie durante questo periodo. Studi genetici, poi, hanno dimostrato come la peste in Europa arrivò molto prima di quanto creduto in precedenza, coesistendo con la popolazione.
Analizzando i naufragi del Mediterraneo a Marsiglia, Napoli, Cartagine, Spagna e Alessandria d’Egitto, ecco che i ricercatori hanno notato come le navi romane, che un tempo costeggiavano le coste a centinaia, iniziarono a sparire.
Ma i beni romani in questo periodo in Israele, Tunisia, Giordania, Cipro, Turchia, Egitto e Grecia indicano ancora uno stato di prosperità, con anche un aumento della popolazione. Tanto che dopo il 550 aumentarono anche gli insediamenti.
Il che ha permesso di concludere ai ricercatori che l’Impero Romano d’Oriente iniziò il suo declino dopo lo stop dei commerci e dopo diversi fallimenti sul fronte militare.
A causa delle invasioni dalla Persia e dell’espansione dei sultanati islamici, probabilmente la stabilità dell’impero iniziò a declinare, erodendo anche il tessuto socio-economico. Il che è confermato anche da una lenta frammentazione delle attività commerciali e dall’interruzione delle pratiche agricole.