Siamo sinceri: tutto è nato da una serie tv che l’altra sera ci ha catturati. Si chiama The English ed è ambientata nel Far West americano. La trama, senza troppe anticipazioni, ruota attorno alla progressione personale e caratteriale di due personaggi apparentemente agli antipodi. Una nobildonna di origine europea e un ex esploratore di cavalleria dell’esercito americano ma dal sangue Pawnee (una tribù nativa del Nebraska). In una delle scene facciamo la conoscenza di un uomo dal trascorso agghiacciante: un colono inglese collezionista di scalpi di indigeni americani. E qui, nella nostra testa, si è materializzata la domanda: quanto c’è di vero in ciò che abbiamo visto? Davvero fare lo scalpo ai nativi era una pratica comune?
Nel ricercare una risposta, è sorta in noi la voglia di raccontarvi questa vicenda. Parleremo sì di una pratica effettivamente messa in atto, ma non così comune (né per gli europei, né per gli stessi nativi, contrariamente a quanto si possa pensare). Dando per scontato che tutti sappiano cosa sia lo scalpo, proseguiamo con una puntualizzazione: non tutte le tribù native praticavano il rituale e soprattutto non era una cosa così diffusa. Appunto, per alcuni nativi della costa orientale americana, lo scalpo era un atto rituale magico, attuabile in determinati contesti a determinate condizioni. I primi esploratori europei attestarono nei loro diari la pratica dello scalping, aggiungendo però come si trattasse di un costume locale e perciò non categorizzabile con gli occhi di un occidentale.
Esistevano danze dello scalpo, nonché manifestazioni belliche in cui mostrare il cuoio capelluto nemico come un trofeo di guerra. Ma se questo riguarda la cultura dei nativi, passando alla prospettiva europea, si inizia a trattare seriamente la questione in occasione della Guerra di re Filippo, datata 1675. Lo scontro vide contrapposti nativi americani e coloni inglesi; gli schieramenti si diedero battaglia negli odierni territori orientali statunitensi. La guerra si risolse in un sostanziale pareggio ma è il primo episodio di scalping effettuato dagli europei a danno dei nativi di cui abbiamo notizia.
Ebbene, l’evento del 1675 non fu isolato. Agli inizi del XVIII secolo, in terra americana i coloni iniziarono a praticare la cruenta usanza. Questa divenne una triste realtà (localizzata e non estesa) prima nelle 13 Colonie e poi nel West. Contribuirono allo sviluppo del fenomeno due fattori, simili tra loro. In primis gli speculatori di origine europea, i quali per interesse offrivano addirittura appezzamenti di terra o, più comunemente, somme di denaro per un totale di scalpi nativi.
In secondo luogo subentrarono i governi del Vecchio Continente. Se per quanto riguarda la Francia monarchica non si hanno documenti attendibili (sebbene qualcosina si possa trovare), quando parliamo di Regno Unito, la musica cambia. Si incrimina in tal senso un proclama del 1755, firmato da Spencer Phips, luogotenente e governatore della provincia di Massachusetts Bay per conto di Re Giorgio II di Gran Bretagna.
Il decreto stabiliva: “Per ogni prigioniero indiano maschio di età superiore ai dodici anni… Cinquanta sterline. Per ogni cuoio capelluto indiano maschio, portato come prova della loro uccisione, quaranta libbre. Per ogni cuoio capelluto di tale indiano femminile o indiano maschio sotto i dodici anni di età… Venti sterline”. Una Londra illuminata offriva ciò e chi era in potere di farlo, eseguiva, tristemente.