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Chi ha scavato quelle nicchie nelle scogliere del Madagascar?

Questa volta spostiamoci in Madagascar. Forse non tutti sanno che nell’Isalo National Park si trova il sito archeologico di Teniky. Questo sito è noto da più di 100 anni, ma, per vari motivi, nessuno vi ha mai condotto scavi dettagliati. Eppure proprio qui c’è un grande mistero: chi ha mai costruito quelle nicchie sulla scogliera? A dire il vero nessuno lo sa, ma una ricerca condotta dal prof. Schreurs e pubblicata sull’Azania: Archaeological Research in Africa ipotizza che il sito archeologico possa essere stato costruito circa mille anni fa da una comunità zoroastriana.

Il mistero delle nicchie sulla scogliera in Madagascar

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Crediti foto: @Schreurs et al. 2024

A dire il vero i naturalisti francesi Alfred e Guillaume Grandidier visitarono il sito negli anni Quaranta, ma avevano ipotizzato che la costruzione del sito fosse opera di marinai portoghesi qui naufragati.

A spiegare il perché il sito non sia stato ancora studiato in maniera approfondita, ci ha pensato Schreurs. Per arrivare al sito bisogna fare una camminata alquanto faticosa di una ventina di km, tutti su terreno accidentato. Ovviamente bisogna trasportare a spalle tutta l’attrezzatura e il cibo necessario. Senza contare, poi, le difficoltà burocratiche che vanno a sommarsi a quelle fisiche. Infatti in Madagascar, per poter effettuare delle ricerche archeologiche, bisogna prima richiedere le autorizzazioni di diversi ministeri e la collaborazione con le istituzioni locali.

Effettivamente, il progetto di Schreurs è frutto della collaborazione fra l’Institut de Civilizations/Musée d’Art et d’Archeologie (ICMAA) dell’Università di Antananarivo, l’Università di Berna e l’Università di Friburgo.

Immagini satellitari ottenute nel 2019 hanno dimostrato come Teniky fosse molto più estesa di quanto non si pensasse. Così sono partiti gli scavi, sia nelle zone già note che in quelle scoperte dai satelliti. Fra le strutture note figurano la Grande Grotta e la Piccola Grotta, due camere scavate nella roccia e sostenute da massicci pilastri di pietra, corredate di panche scolpite lungo le pareti.

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Crediti foto: @Schreurs et al. 2024

Nel resto di Teniky, poi, gli archeologi hanno trovato decine di nicchie di pietra circolari e rettangolari, tutte scavate lungo i lati della scogliera. Alcune di esse avevano anche delle rientranze circolari, il che suggerisce che potevano essere chiuse con lastre di legno o di pietra.

Gli archeologi hanno anche portato alla luce più di 30 ettari di terrazze artificiali, massi intagliati nella roccia, bacini di pietra, altre strutture di pieta circolari e rettangolari e anche dei frammenti di ceramica.

Gli esami fatti fanno pensare che il sito fosse occupato dal X al XII secolo. Frammenti di ceramiche cinesi trovate suggeriscono che chi abitava qui avesse un qualche collegamento con la rete commerciale dell’Oceano Indiano. Il che squalifica la tesi dei marinai portoghesi naufragati, visto che le prime navi portoghesi solcarono l’Oceano Indiano non prima del 1498.

Secondo Schreurs è più probabile che qui vivesse una comunità zoroastriana. Questo anche perché le nicchie assomigliano a quelle presenti in diverse regioni dell’Iran, inclusa quella di Fars. Effettivamente, la regione costiera dell’Iran, fra cui anche la città portuale di Siraf, era fortemente coinvolta nei commerci marittimi, sia verso la Cina che verso l’Africa.

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Inoltre i zoroastriani credono che non si debba seppellire un corpo direttamente nel terreno in quanto potrebbe inquinarlo. I zoroastriani, invece, durante le loro pratiche funerarie, lasciavano i corpi in appositi luoghi di esposizione sopra il terreno, in nicchie chiamate “dakhmas” in Pahlavi. Una volta decomposti, le ossa rimaste erano trasportate in nicchie circolari più piccoli che potevano essere chiuse, le “astodans”.

Notate le somiglianze? Solo che nessuna delle nicchie di Teniky conteneva ossa. Possibile, però, che i resti delle ossa possano essere stati rimossi in un secondo tempo, anche perché questo materiale è usato in diversi rituali di magia nera ancora praticata in alcuni siti delle tombe del popolo Bara.