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Cesare ad un passo dalla morte: accadde nella battaglia di Munda

Cesare ad un passo dalla morte: accadde nella battaglia di Munda

«Andando via dal campo di battaglia, disse ai suoi amici che spesso aveva combattuto per la vittoria, ma in quell’occasione, per la prima volta, aveva combattuto per la vita».

Stando a quello che dice Plutarco, queste sono le esatte parole che Giulio Cesare pronunciò al termine della battaglia di Munda, combattuta in Hispania Ulterior (oggi Andalusia, probabilmente nei pressi di Osuna) il 17 marzo del 45 a.C. Lo scontro è da considerarsi fondamentale per le sorti della Repubblica Romana per molteplici ragioni: perché decretò la fine effettiva della fazione pompeiana e, conseguentemente, spianò la strada agli intenti politici di Cesare; ma anche perché fu l’ultima battaglia combattuta dal Divus Iulius in persona. E che ultima battaglia, visto che per poco non ci lasciò la pelle.

Cesare ad un passo dalla morte: accadde nella battaglia di Munda

Ovviamente c’è una ragione valida se un Cesare ultracinquantenne si ritrovò ad impugnare spada e scudo, combattendo come un vero legionario, tra le pianure di Munda, nel sud della Spagna. La ragione è da ricercarsi nell’allora guerra civile, in corso dal 49 a.C., ossia da quando Giulio Cesare aveva varcato il Rubicone aprendo le ostilità contro il Senato e Pompeo Magno. Un conflitto che all’alba del 45 a.C. poteva dirsi quasi del tutto indirizzato a favore dei cesariani.

Le brutte batoste di Farsalo (48 a.C.) e Tapso (46 a.C.) obbligarono i conservatori repubblicani, non più guidati dal defunto Pompeo Magno, ma dalla sua prole – Sesto e Gneo Pompeo – nonché dal validissimo generale, nonché ex luogotenente di Cesare in Gallia, Tito Labieno ad arroccarsi in Spagna.

battaglia di Munda gurra civile 49 a.C.

Ok, a voler osservare il quadro generale, Cesare partiva da una posizione di vantaggio, ma guai a dare per spacciati i pompeiani. In Hispania Ulterior erano riusciti ad arruolare uomini per ben tredici legioni. Cesare ne contava sotto di sé otto, composte da veterani di lunga data. A questi si aggiungevano 8.000 cavalieri, più di quanti ne avessero gli avversari repubblicani in Spagna. Tirando le somme, gli eserciti a disposizione erano così inquadrati:

  • Cesare: 8 legioni, 8.000 cavalieri – per un totale di 40.000 uomini.
  • Pompeiani: 13 legioni, minor cavalleria, truppe ausiliare – per un totale di 70.000 uomini.

Il 17 marzo giunse la resa dei conti. Dopo alcuni giorni trascorsi l’uno di fronte all’altro senza mai fronteggiarsi, gli schieramenti decisero rompere gli indugi. Le truppe di Gneo, Sesto Pompeo e di Tito Labieno possedevano il vantaggio dei numeri, ma anche della geografia. Infatti si trovavano su di un’altura alla quale si accedeva oltrepassando un fiume. Nella storia situazioni del genere hanno pregiudicato scontri ben più equilibrati di questo. Benché il terreno fosse sfavorevole, Cesare decise comunque di affidare la retroguardia alla sua cavalleria. Spiccava la presenza della Legio X Equestris, per la quale Cesare aveva un debole, che fu schierata sull’ala destra.

battaglia di Munda schieramenti

Incrociate le lame, i due schieramenti non si risparmiarono. L’andamento della battaglia di Munda convinse i vertici militari di ambo le parti a gettarsi nella mischia. Cesare infiammò il morale della decima legione quando si presentò sul lato destro. La scelta convinse Gneo Pompeo a sguarnire il suo lato destro per rinforzare l’ala mancina (dove combatteva in prima linea Cesare). La mossa destabilizzò lo schieramento. Eppure il vero pasticcio lo fece involontariamente Tito Labieno.

battaglia di Munda scena di guerra

La cavalleria cesariana stava prendendo velocemente il sopravvento. Nel mentre, il re di Mauritania alleato di Cesare, il berbero Bogud, attaccava la retroguardia di Labieno. Quest’ultimo ordinò ai suoi cavalieri di rispondere alla minaccia, facendo dietro-front. Tra i ranghi dei pompeiani il riposizionamento fu interpretato come un chiaro segnale della ritirata. Ciò fece pendere l’esito dello scontro nel campus mudensis a favore di Cesare. Molti dei repubblicani trovarono la morte, sia nella campagna che nella difesa della città di Munda. Quest’ultimo fu il caso di Tito Labieno. I figli di Pompeo Magno invece ripararono a Cordova, anche se il loro futuro poté dirsi similmente segnato: Geno Pompeo perse letteralmente la testa una settimana dopo; Sesto Pompeo si mise a capo di un’arcigna resistenza navale, destinata tuttavia alla sconfitta.

battaglia di Munda Giulio Cesare dictator

Dopo la battaglia di Munda, colui che di lì a poco verrà proclamato dictator procedette alla pacificazione della Spagna. Il ritorno a Roma fu sgradito ai repubblicani della nuova generazione, che attesero meno di un anno per ucciderlo. E pensare che la morte Cesare la sfiorò nel meridione iberico, dove non lottò per la vittoria, ma per la vita.