A guardarli, immortalati in una delle fotografie più celebri, i coniugi Julius ed Ethel Rosenberg sembrano due rispettabili cittadini statunitensi, un marito ed una moglie che conducono una vita ordinaria, fatta di lavoro, svaghi, impegni, difficoltà e passioni. Gli atti del processo finiranno per dipingere i protagonisti del Caso Rosenberg come delle spie al soldo di Mosca durante gli anni della “Guerra Fredda”. Eppure ancora oggi la vicenda resta controversa, scopriamo il perché.
Julius Rosenberg, nato in una famiglia ebrea di New York nel 1918, si avvicinò all’ideologia comunista fin da giovanissimo, diventando uno dei leader della Lega dei giovani comunisti statunitensi durante la fine degli anni ’30. Nello stesso periodo di tempo conobbe Ethel Greenglass, con la quale si unì in matrimonio nel 1939. Il fratello di quest’ultima, David Greenglass, lavorava come militare nei pressi di Los Alamos.
Il nome non vi sarà nuovo, perché è il luogo in cui il Progetto Manhattan trovò espressione materiale nella costruzione del primo ordigno nucleare. Restando concentrati sulla vicenda, secondo la futura accusa David avrebbe messo le mani su alcuni “documenti sensibili“, passandoli a Julius. I servizi segreti ottennero l’informazione, ponendo sotto processo la coppia nel 1951. L’accusa, facile da immaginare, verteva sulla trasmissione di quelle informazioni sensibili al “nemico” sovietico.
Con prove non proprio schiaccianti, si condannò i due alla pena capitale. La sedia elettrica attese i coniugi Rosenberg il 19 giugno 1953. Ma il Caso Rosenberg avrebbe spaccato l’opinione pubblica americana nei decenni a venire. Due sono i punti di svolta su cui vorremmo concentrare la nostra attenzione. Il primo riguarda le memorie di Chruščëv, pubblicate postume nel 1990.
Nel testo l’ex segretario generale ringrazia i coniugi Rosenberg per “il loro significativo aiuto nell’accelerare lo sviluppo della nostra bomba atomica“. Parole che hanno un peso, senz’altro. L’altro elemento significativo ai fini del caso si palesa nel 2008. L’ingegnere Morton Sobell, statunitense figlio di immigrati russi, imprigionato per quasi 18 anni per cospirazione e spionaggio, rilasciò nel suddetto anno un’intervista in cui ammetteva come tanto egli quanto Julius Rosenberg fossero agenti sovietici.
Nell’intervista Sobell scagionò però Ethel, la quale probabilmente non ebbe mai nulla a che fare con gli interessi del marito. La verità ancora oggi è lontana dal vedere la luce. Il Caso Rosenberg continua tuttavia ad affascinare, ispirare romanzi, serie televisive e produzioni cinematografiche.