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Casi di sincretismo religioso: il Candomblé brasiliano, rito

Casi di sincretismo religioso: il Candomblé brasiliano

Non è un caso che a chi visita il Brasile venga vivamente consigliato di assistere a un rito di Candomblé. Si tratta di un’esperienza mistica, che come ogni attività tradizionale, contribuisce ad approfondire la conoscenza del luogo. Chiunque si accosti a questo nuovo e intrigante mondo religioso non può far altro che rimanerne tremendamente affascinato. Ma che cos’è esattamente il Candomblé?

Già di per sé il nome evoca un’atmosfera decisamente magica e tribale. Nonostante questa religione sia nata in Brasile in tempi relativamente recenti, oggi è ampiamente diffusa. Il Candomblé si sviluppò infatti a partire dalle conoscenze dei sacerdoti e sacerdotesse africani giunti nel Nuovo Mondo come schiavi, in un periodo che va dal 1549 al 1888. Nonostante i missionari cattolici dedicassero ogni energia a convertire gli schiavi in massa, questa religione sopravvisse clandestinamente, arricchendosi gradualmente di nuovi elementi. Ma, insomma, chi o che cosa venera il Candomblé?

Protagonisti sono i cosiddetti orixà, divinità legate alle forze naturali. Nel titolo abbiamo menzionato il sincretismo religioso, proprio perchè il Candomblé non è una religione pura; come nessuna, del resto. Data la robusta presenza del cattolicesimo, si associò ben presto il culto degli orixà al culto dei santi. Ecco perchè, ancora oggi, a ciascuna delle divinità del Candomblé corrisponde una figura del culto cristiano. Per sopravvivere, ogni forma di spiritualità deve “contaminarsi” con ciò che la circonda. In questo modo, nessun nucleo spirituale scompare, ma diventa più adattabile e capace di attirare nuovi adepti.

Gli schiavi africani in Brasile incorporarono nel culto elementi tribali e animistici, credendo fermamente che a ogni cosa vivente corrispondesse uno spirito. Durante gli ultimi anni della tratta, gli africani si trasferirono nelle città, dove il Candomblé aveva un più grande spettro di diffusione. Qui aumentarono anche le loro possibilità di aggregazione, di scambio e di confronto; anche tra diverse etnie. Con la fine dello schiavismo, gli ex-schiavi erano finalmente liberi dal dover dissimulare la religione cattolica e sulla scia di stimoli inediti, formarono nuovi gruppi di culti, spesso organizzati in irmandades, confraternite.

Tra tutti i culti creoli, il Candomblé è considerata la religione che più si è mantenuta fedele alla matrice d’origine, reinventata e riformulata dagli schiavi africani allo scopo di sopravvivere. Il suo nome deriva dalla fusione delle parole quimbundo, danze con tamburi, e ilê, casa. Dunque si può tradurre letteralmente come “la casa della danza con i tamburi“. Attualmente il culto conta più di 3 milioni di fedeli, la cui maggioranza è concentrata in Brasile. Mentre nel passato le autorità coloniali portoghesi avevano cercato di annientarlo, oggi il governo riconosce e protegge il Candomblé.

I rituali si svolgono in luoghi chiamati terreiros, sovvenzionati a loro volta dal Brasile. Lungi dall’essere una messa solenne, ogni rito assomiglia a una grande festa. Dominano la musica, le danze tribali e il suono dei tamburi, poiché è attraverso il canto e il ballo che si invocano gli orixà a possedere le sacerdotesse e i sacerdoti. Questi ultimi, entrando in una trance profonda, sarebbero in grado di comunicare direttamente con la divinità. Si tratta di una manifestazione estremamente gioiosa e liberatoria, per niente esclusiva nei confronti di chi desideri assistervi.