Carmen Amaya, anche detta la Capitana del flamenco, fu una delle bailaore più famose che la Spagna abbia mai conosciuto. Vera e propria enfant prodige, già all’età di 4 anni si esibiva con il padre chitarrista, seguendo le orme della madre Micaela, anche lei talentuosa bailaora di flamenco. La sua scuola di ballo non fu l’accademia, ma la strada. Dalle vie di Barcellona si spostò poi nei teatri di Madrid, giungendo rapidamente alle più alte vette di popolarità.
Il primo a riconoscerne l’energia folgorante e il talento, fu il critico Sebastiàn Gasch in un suo articolo. Le sue parole parlano chiaro sullo spirito selvaggio di Carmen Amaya: “All’improvviso un salto. La zingarella ballava. Senza parole. Anima. Anima pura. Sentimento fatto carne”. Egli l’aveva vista esibirsi sul palco di La Taurina a Barcellona, la città di origine della Capitana. Nel 1929 durante la Exposiciòn International de Barcelona, un cartellone menziona per la prima volta il suo nome, risultando in un tutto esaurito dello spettacolo. Al tempo non era neanche adolescente. Cosa rendeva Carmen così diversa dalle altre balllerine?
Innanzitutto, il modo in cui aveva imparato a danzare. “La mia vita e la mia arte sono nate dal mare. La mia prima idea del movimento, e dunque della danza, sono scaturite dal ritmo delle onde”. Ecco, una fonte di insegnamento non proprio canonica per i tempi. Ricordiamo poi che Amaya, essendo di origini gitane, aveva impresso al suo modo di ballare delle caratteristiche proprie di quel mondo. Carmen sviluppò il suo stile, così particolare e appassionato, ballando a tutte le ore sulla sabbia della spiaggia di Sorromostro, il quartiere dove era nata.
La bravura della Capitana non poteva passare inosservata. Tant’è che a soli 11 anni si esibì davanti al re Alfonso XIII, con il quale instaurò un’indissolubile amicizia. Da quel momento in poi non si fermò più. Il flamenco di Carmen Amaya (ed è giusto definirlo proprio il “suo” flamenco) toccò la Spagna intera, giungendo perfino Parigi. All’inizio degli anni ’30 il suo nome era già conosciuto ed elogiato in tutta Europa. Fino ad arrivare al ’36, quando lo scoppio della guerra civile spagnola, ose fine per il momento alle sue emozionanti esibizioni in territorio spagnolo. Da Valladolid ella si spostò infatti insieme alla sua compagnia in Portogallo.
Dopo Lisbona, Carmen e la sua troupe viaggiarono in lungo e in largo. Mentre la guerra civile spezzava la Spagna in due fazioni, l’Amaya non lasciò che questo sanguinoso conflitto le tarpasse le ali. Ne approfittò per salire sui palchi degli Stati Uniti e dell’America Latina. Qui conquistò decine e decine di grandi teatri. Il suo debutto a Buenos Aires scatenò il più assoluto successo. Fu poi la volta del Brasile, dell’Uruguay, del Messico e della Bolivia. E non si limitò solamente a esibirsi in teatro. Registrò infatti numerosi dischi, girò film, guadagnandosi la nomea di artista poliedrica. Conquistò nientemeno che il presidente Roosevelt, ammaliato anche lui dalla focosità che la giovane metteva nel flamenco.
Questi la assunse per una festa alla Casa Bianca, dove le regalò una giacca ornata di diamanti. Uno dei numerosissimi omaggi ricevuti da Carmen Amaya dovunque andasse. A Londra, la elogiò con molta ammirazione anche la regina Elisabetta. Nel 1947, quando era già una star di fama internazionale, rientrò in patria. La Capitana morì nel 1963, con la Spagna che perdeva un simbolo nazionale. Nell’ultimo anno di vita Carmen Amaya girò il suo ultimo film, Los Tarantos, ambientato nell’amata città natale.