Storia Che Passione

Caracalla, sanguinario e dispotico imperatore romano

Eboracum (odierna York), Impero Romano, febbraio 211 d.C. All’età di sessantacinque anni venne a mancare l’imperatore Settimio Severo, al potere da diciotto anni. Lasciava l’eredità imperiale ai due figli, Publio Settimio Geta e Marco Aurelio Severo Antonino, meglio noto con il soprannome di Caracalla. Tuttavia, sin da subito si comprese che quella carica, simbolicamente troppo grande e importante per essere condivisa, dovesse appartenere ad uno solo dei due pretendenti. Appena gli fu possibile, Caracalla esautorò il fratello. Ma procediamo con ordine.

Lucio Settimio Bassiano, questo era il nome che gli fu conferito alla nascita, nacque nel 188 d.C., figlio di Settimio Severo e Giulia Domna. Il nome che assunse in seguito e che mantenne da imperatore è frutto di un arditissimo stratagemma dinastico per accreditare agli occhi dei sudditi la nuova famiglia regnante. Settimio Severo e i suoi successori, infatti, si inventarono di sana pianta una fantomatica discendenza da Marco Aurelio, stimassimo imperatore filosofo che aveva governato pochi decenni prima. Il soprannome con cui è passato alla storia, ossia Caracalla, è invece un riferimento al mantello gallico che lui amava indossare.

Assecondando la volontà paterna, nel 202 sposò Flavia Plautilla, figlia di un onesto collaboratore di suo padre, Gaio Fulvio Plauziano. Questo personaggio, assai influente nella Roma di allora, era un ulteriore ostacolo per Caracalla nella sua solitaria ascesa al potere. Di questo si convinse anche sua madre, Giulia Domna. Con una facile accusa (quella di aver complottato contro il padre e legittimo imperatore), Plauziano fu ucciso per ordine del genero nel 205. Caracalla poté inoltre divorziare dalla moglie, che non aveva mai amato. La rinchiuse in esilio a Lipari, per poi farla assassinare nel 212.

Tuttavia, rimaneva ancora l’ostacolo più grande da superare: il fratello Geta. Con un gruppo di fidati centurioni, Caracalla si liberò anche di lui. In seguito si dedicò alla costruzione del consenso fra le truppe – mediante ampie elargizioni di denaro – e tra la plebe, grazie una feroce campagna di damnatio memoriae del fratello. Cercò di eliminarne il più possibile il ricordo, attraverso la distruzione di statue e fregi dedicate a Geta.

Rimasto solo al governo, poté concentrarsi alla riforma più importante connessa al suo regno: la Constitutio Antoniniana. Caracalla concedeva la cittadinanza romana a tutti i sudditi liberi dell’Impero, ad eccezione dei cosiddetti dedicii, una categoria ancora alquanto oscura. La ragione dietro questo atto è molto probabilmente la volontà di allargare la base tassabile, in quanto si estendevano a tutti gli abitanti dell’Impero una serie di imposte che pagavano solamente i cittadini romani. Perciò ricercare nel decreto una sorta di volontà inclusiva per amore del prossimo è quanto di più anacronistico ci possa essere.

Caracalla operò anche in senso militare: pose in atto una serie di campagne volte a rafforzare i confini dell’Impero, in special modo quello lungo il Danubio e quello orientale contro i Parti. Durante una di queste sortite, nel 217 Caracalla morì per mano di un suo sottoposto, un certo Marziale. Non si conoscono con certezza i motivi dell’assassinio, anche perché fra le truppe aveva riscosso un certo successo, per via dei donativi pecuniari concessi a destra e a manca. Tuttavia, proprio questi favori accordati all’esercito gli avevano alienato il sostegno del Senato. Non ebbe figli e quindi, dopo la breve usurpazione di Macrino, gli succedette il cugino Eliogabalo.