L’appello lanciato dal New York Times non deve restare inascoltato. Perché quando si parla di conservazione del patrimonio artistico-culturale noi italiani dovremmo (il condizionale è d’obbligo, purtroppo) essere i primi a rizzare le orecchie. Quello che sta accadendo in Cile, nella fattispecie nel deserto di Atacama, ha dell’assurdo e del singolare al contempo. Assurdo perché si sta parlando del depauperamento di geoglifi millenari, sopravvissuti a secoli e secoli di clima rigido e intemperie naturali, ma a quanto pare non all’età dei motori. Singolare perché si tratta di un’eccezionale (aggettivo da interpretare nel suo senso lato) crimine sotto l’accecante luce del sole. Tutti sanno e nessuno agisce. L’indignazione finisce con questo paragrafo, ora passiamo ai fatti.
Questi geoglifi, realizzati dai nativi, si ritrovano da anni sotto “l’attacco” dei cosiddetti ATV (acronimo di “all terrain tires“, ovvero “pneumatici per ogni tipo di strada”). Fuoristrada, nell’atto pratico, che circolano senza limitazioni e che per questo stanno progressivamente cancellando geoglifi di enormi dimensioni (alcuni quasi completamente spariti erano si estendevano in lunghezza per 30 o 40 metri). Parafrasando il New York Times, diremmo che “questo non sembra scoraggiare i piloti, alla costante ricerca di emozioni forti a discapito del delicato patrimonio culturale”.
Opere indigene dall’assoluto valore culturale, artistico, antropologico e archeologico, alcune delle quali affondano le radici nella storia di 2.500 o 3.000 anni fa. Queste realizzazioni includono grandi e intricate figure dai tratti animaleschi o umani, così come simbolismi legati alla galassia culturale dell’Atacama. Forse conoscerete il Gigante di Atacama, la figura stilizzata di un guerriero che si staglia per quasi 120 metri. Situato nella provincia del Tamarugal, regione di Tarapacá, Cile, il Gigante risulta essere la più grande raffigurazione antropomorfa precolombiana finora conosciuta. Indovinate un po’? Anche lui non è stato risparmiato da jeep, quad e buggy.
La denuncia più recente, dalla quale ha preso spunto il rinomato quotidiano newyorkese, è dell’archeologo Gonzálo Pimentel. Egli ha pubblicato in rete le immagini e le riprese aeree che presentano il conto salatissimo di questo processo distruttivo. Quelle che l’archeologo chiama “pagine del libro di storia del deserto” – riferendosi ovviamente alle succitate configurazioni – stanno venendo cancellate con un proverbiale colpo di spugna. L’esempio che Pimentel porta sul banco delle prove riguarda la condizione delle opere nell’area di Alto Barranco: le fotografie parlano chiaro, degli antichi geoglifi che furono resta solo il lontano ricordo.
Pimentel poi fa notare anche come l’uomo (o meglio, la sua versione più incosciente ed insensibile) stia alterando – per il solo gusto di farlo! – un equilibrio naturale rimasto invariato non per millenni, ma nell’arco di milioni e milioni di anni. Queste le sue esatte parole: “Il deserto di Atacama in Cile è uno dei luoghi più aridi della Terra. Poche e sporadiche piogge bagnano un terreno perennemente asciutto. Un clima estremo che, con il sole cocente e le condizioni difficili, rende la vita nel deserto pressoché impossibile. Il paesaggio è rimasto praticamente lo stesso venticinque milioni di anni. Fino ad oggi.”
Archeologi e attivisti hanno tentato di combattere il problema installando grandi cartelli di avvertimento attorno alle zone archeologiche, per avvisare gli automobilisti dell’importanza dell’area. Nonostante questi sforzi, l’amministrazione ha continuato a concedere l’approvazione per i principali eventi di corse, frustrando gli attivisti locali. Anche se andrebbe detta una cosa: non sono le manifestazioni motoristiche legali e accuratamente organizzate a creare il problema, bensì la loro controparte illegale, le corse amatoriali che non rispettano alcun regolamento o disposizione governativa.
Se di governo si parla allora ci si chiede: Santiago del Cile cosa fa? L’attuale esecutivo sta riunendo esperti così da sviluppare ed applicare strategie per la preservazione dei geoglifi intatti, quelli sopravvissuti insomma. Il governo spera di sensibilizzare di conseguenza i partecipanti al rally nel deserto di Atacama, migliorando altresì la segnaletica attorno alle aree archeologiche sensibili. Parole, promesse e gesti che offrono uno spiraglio di speranza. Vero, ma la protezione a lungo termine della fragile storia culturale dell’Atacama rimane purtroppo una grande, grandissima – come il Gigante – incognita.