L’attacco al cuore dello Stato cominciò il 16 marzo. La Brigate Rosse avevamo ormai ufficialmente alzato il tiro. Non si trattava più di gambizzare giornalisti o uccidere giudici e imprenditori. Questa volta sequestrarono un cinque volte capo di governo e l’uomo simbolo del centro-sinistra italiano. Puntavano decisamente più in alto. Calava il buio sulla Repubblica.
L’operazione fu senza dubbio un successo dal punto di vista strettamente militare. I cinque uomini della scorta morirono subito e Moro fu prelevato senza problemi proprio il giorno del voto di fiducia al governo Andreotti. Per risposta forzata la fiducia al governo passò subito, con DC e PCI insieme per la prima volta dentro il governo, anche se per contingenze estreme.
Le prime notizie arrivarono dopo 2 giorni. Il 18 marzo le BR spedirono la prima foto polaroid di Moro, annunciando l’inizio di un “processo al responsabile del regime democristiano”. Il 29 marzo arrivava la prima lettera manoscritta dal leader pugliese. Diretta a Cossiga, Ministro dell’Interno in carica, all’interno del documento Moro si dichiarava “prigioniero politico”.
La prima risposta delle Istituzioni fu senza dubbio netta ed univoca: fermezza nel non trattare con i terroristi. Non ci sarebbe stato nessun riconoscimento. I più duri erano Andreotti e Berlinguer, mentre qualcosa cambiò il 20 aprile per i Socialisti di Craxi. Il leader del PSI sottolineava l’importanza morale della vita umana e apriva una via alle trattative. C’è chi legge questa apertura in due modi: o cercava di rompere l’alleanza DC-PCI, che escludeva il suo partito dalle logiche di potere, oppure, secondo altri, aveva qualche collegamento con le BR e poteva aiutare le indagini.
Il 15 ed il 18 aprile furono infatti altre due giornate molto concitate. Nella prima data le BR sentenziarono che il processo era terminato e la condanna a morte di Moro era decisa. Tre giorni dopo invece fu lo Stato a contrattaccare. Scoperto il covo di Via Gradoli, fu emanato un falso comunicato sulla morte di Moro. Serviva a spaventare le BR e a convincerle a condividere una prova della buona salute del pugliese, magari un’altra foto.
Un’altra ipotesi da tenere in conto è quella aperta dal Vaticano. A San Pietro si decise un possibile scambio in denaro con i terroristi. Ipotesi poi abbandonata. Il 9 maggio si avvicinava, la telefonata tragica tra i brigatisti e l’avvocato di famiglia Moro è ormai storia. La Renault 4 rossa in via Michelangelo Caetani è altrettanto famosa. La scelta della via non fu inoltre casuale. Il posto si trovava esattamente a metà tra la sede DC di Piazza del Gesù e quella del PCI in Via delle Botteghe Oscure. Irrisero il compromesso storico anche dopo la morte di Moro. La repubblica Italiana aveva perso.