Il caffè è molto più di una semplice tazza di conforto. Questa bevanda racconta la storia dell’umanità, le sue peregrinazioni e scoperte nel mondo, la spinta botanica e scientifica, il desiderio di innovazione e soprattutto la predilezione umana per l’esotico.
Intorno alla seconda metà del Cinquecento, apparve in Europa una curiosità per un chicco di caffè. Con la scoperta di nuovi continenti, il fascino per l’altro dal Rinascimento europeo in poi, i patrizi e la corte reale cominciarono a collezionare stranezze e gadget eccezionali come curiose conchiglie, vertebre, scheletri, insetti, calici con spiriti sotto spirito, piante essiccate. La casa museo privata era anche uno showroom di prestigio, status e potere.
Le origini del caffè
Il caffè ha un chicco per la sua origine: l’arabica viene dall’Arabia Felix, anticamente la penisola arabica. Buna/bean divenne “sinonimo” della pianta. La parola deriva da bunnu, etiope per “caffè”. La varietà selvatica veniva prima macinata in cibo e bevande nelle alture sud-orientali dell’Etiopia, a Kaffa, da dove il fagiolo è emigrato nella penisola arabica.
Medicina e bevanda di lusso
Anche i guaritori e gli erboristi, come le streghe, cercavano rifugio nelle piante e i medici cercavano i benefici o i danni del caffè sul corpo umano. Nel “Kitab al-Hawi” (The Comprehensive Book of Medicine), Muhammad al-Razi, un illustre medico in Persia (IX e X secolo), parla del bunn e della bevanda buncham.
Nel Settecento, il caffè e il cacao erano bevande di lusso e si credeva avesse benefici sulla salute, come il rafforzamento del cuore e della circolazione, il lenimento di orecchio, gola e mal di testa ed essere efficace contro i difetti del cervello, come la dolligheyd, la raecktheid, l’ictus, la zoppia e l’epilessia. Tuttavia, si credeva anche che il caffè causasse impotenza.
La guerra del caffè e la democratizzazione della bevanda
Il caffè divenne l’impulso per una scissione nei rapporti commerciali, soprattutto a partire dal XVII secolo, quando la Compagnia Olandese delle Indie Orientali trasportò le preziose materie prime dall’Indonesia ad Amsterdam. Successivamente, altre associazioni di categoria, come l’Ostenda East Indiamen (tra il 1718 e il 1722), si scatenarono.
Poi seguirono i francesi e le loro piantagioni d’oltremare. Dalla fine dell’Ottocento, il mercato in espansione ebbe molti intermediari. Fiorì il commercio dei “beni coloniali” (tra cui spezie, zucchero e cacao), le importazioni triplicarono tra il 1820 e il 1829. I prezzi diminuirono e il caffè si “democratizzò”, diventando una ciotola di conforto o un riempimento dello stomaco per il proletariato.