Allontanarsi dal mondo per trovare Dio, isolarsi dalla tentazione così da intravedere e magari saggiare la grazia del signore. L’esperienza dell’eremita è tipica del Medioevo, eppure in pochi sanno che alcuni asceti tra il XII e il XIII secolo raggiunsero lo status di celebrità. Facendo cosa? Beh, appartandosi dalla realtà mondana. Si facevano chiamare Beghine e Begardi e la loro eredità, seppur sbiadita dal tempo, è ancora oggi intatta.
Il passaggio dal primo al secondo millennio comportò un’enorme evoluzione del campo religioso europeo. Dopo il fatidico anno Mille quella che molti storici contemporanei definiscono come una “sollecitata creatività religiosa” esplose in tutto il Vecchio Continente. Per quello che è l’argomento odierno, ci interessa sottolineare un aspetto: si esplorarono nuovi modi per esprimere devozione religiosa e, di conseguenza, alcuni individui assunsero un loro specifico paradigma di vita confessionale. Certo, ogni tanto si rischiava di cadere nel sospetto dell’eresia, ma l’ortodossia religiosa (per quanto non ignorata dalla Santa Istituzione, Catari e albigesi ce lo ricordano) era, ancora nel Basso Medioevo, un concetto sfumato, che si prestava ad interpretazioni di varia natura.
Al di fuori delle quattro mura monasteriali, dunque nelle vivaci realtà urbane dell’Europa due o trecentesca, non poche persone vivevano vite extra-ordinarie dedicandosi alla cura e all’abnegazione. Lo ripeto: ciò avveniva esternamente alla rigida normativa dei monasteri, inquadrati nella galassia ecclesiastica avente come centro Roma. Un esempio mirabile della tendenza appena descritta furono le Beghine (donne) e i Begardi (uomini) nel nord Europa, prevalentemente nelle Fiandre.
Per via della loro maggiore influenza e dimensione, è corretto concentrarsi prima di tutto sulle Beghine, salvo poi concederci qualche accenno alla controparte maschile. Dunque, di cosa si tratta? Donne che, essendo alla ricerca di una vita pia e pura, finirono per associarsi in congreghe non riconosciute dall’autorità religiosa. Esse dunque esulavano dal controllo del tradizionale ente spirituale. Secondo attestazioni coeve, il fenomeno sembrò nascere già nel XII secolo, ma è con il Duecento che si affermò definitivamente, anche in aeree più estese del Sacro Romano Impero, della Borgogna e del Regno di Francia. Si riscontrò in misura minore in Italia per via della maggiore intransigenza della Chiesa romana, che preferiva incanalare la religiosità femminile o maschile nei tradizionali approdi monasteriali (e poi, più in là nel tempo, conventuali).
Attraverso la biografia di alcune Beghine si può meglio comprendere l’esperienza sin qui sommariamente descritta. Impossibile non chiamare in causa Maria D’Oignies, forse la più nota delle Beghine bassomedievali. Maria nacque nel 1177 a Nivelles, nel Brabante Vallone, oggi Belgio, un tempo Sacro Romano Impero. La giovane crebbe nello sfarzo e nella ricchezza della famiglia. Fu promessa sposa a 14 anni ad un uomo di pari rango di cui conosciamo solo il nome: Jean. Maria sentiva una stringente necessità di dare una netta connotazione religiosa alla sua vita e lo fece, coinvolgendo persino il marito. Ma voltò pagina alla sua maniera, non vincolandosi a nessuno se non al suo amore per Dio.
Voti irrevocabili e ordini superiori non facevano proprio al suo caso: per dodici anni si prese instancabilmente cura dei lebbrosi di Willambroux. Durante questi anni ottenne anche un certo seguito. I più devoti erano disposti a viaggiare per giorni pur di incontrare la “Santa vivente”. Le preghiere da lei pronunciate potevano affrancare chiunque dal peccato, almeno secondo le credenze popolari. Come anticipato, il nome di Maria D’Oignies circolò lontano, giungendo alle orecchie del teologo parigino Jacques de Vitry. Nel 1208 i due si incontrarono e strinsero amicizia. Non era una cosa comune; ci basti ricordare come quello fosse un mondo (tanto nella sua veste temporale quanto in quella spirituale) dominato da uomini.
Forte di una nomea di tutto punto, Maria D’Oignies si fece accompagnare dal canonico di Parigi fino a Roma, dove chiese ed ottenne udienza da papa Innocenzo III, al secolo Lotario dei conti di Segni. Il duo aveva come obiettivo principale quello di convincere la massima autorità cattolica di non far parte di chissà quale setta eretica ma di agire in nome del caro buon vecchio spirito cristiano. Vi riuscirono a quanto pare, visto che le Beghine dopo l’incontro poterono vivere in comunità (Beghinaggi) pur non dovendo sottostare ai dettami di Roma. Per l’occasione Jacques de Vitry ottenne l’episcopato di San Giovanni d’Acri, in Terra Santa.
Maria D’Oignies morì presumibilmente d’inedia, a soli 35 anni. Ella non fu l’unica del suo tempo a dare l’esempio di una vita virtuosa e dedita alla carità cristiana. Contemporanee furono Cristina Mirabilis o ancora Yvette de Huy, anche loro Beghine.
Se da un lato Innocenzo III aprì alle Beghine (e al contempo ai Begardi, i quali iniziavano ad operare proprio a partire dalla metà del XIII secolo) la strada della tolleranza, un secolo dopo la situazione si ribaltò drasticamente. Già diversi sinodi restrinsero il campo della loro libertà d’azione durante il secondo Duecento, ma è con il Concilio di Vienne del 1312 che la situazione si deteriorò. Ordini laici come quello delle Beghine finirono nel calderone dell’inquisizione. Erano viste come eretiche, anche se Roma non si attivò mai concretamente per estirparle.
Quindi si generò questa duplicità d’intenti, perché se su un piano formale Beghine e Begardi erano ostili alla gerarchia cattolica, sul piano informale e quotidiano, la loro azione era permessa, o per meglio dire, tacitamente sopportata. Il Beghinaggio fu un fenomeno prettamente medievale, ma non esclusivo dell’età di mezzo. Con la modernità e la prima contemporaneità qualche associazione sopravvisse, soprattutto in Belgio, ma parliamo di numeri veramente esigui. Negli anni ’30 del XIX secolo si contavano non più di mille membri auto-definitesi Beghine. Oggi non è possibile dichiarare estinte queste associazioni, perché sussistono dei movimenti laici che sostengono di essere un’evoluzione di quello che un tempo si chiamava Beghinaggio.