Cani e guerra, un connubio quantomai realistico tanto in passato quanto nel presente. Gli antichi persiani si avvalevano dei cani per rafforzare specifici reparti dell’esercito. Allo stesso modo abbiamo fonti del IV e del III secolo a.C. che ci raccontano della presenza di amici a 4 zampe tra le fila di alcune milizie mercenarie al soldo dei greci. Si potrebbero fare altri mille esempi a riguardo, ma mi limiterò a nominare un nome, un semplice nome che cinque secoli fa era in grado di far raggelare il sangue di coloro contro i quali veniva sguinzagliato: il temibile, terrificante e fedelissimo Becerrillo, il cane/macchina da guerra dei Conquistadores.
Becerrillo era un Alano Spagnolo di proprietà del noto esploratore, comandante e governatore Juan Ponce de León. Quest’ultimo, giusto per capire di chi stiamo parlando, fu il primo governatore di Porto Rico nel 1508 nonché il primo europeo a mettere piede sul terreno umido della Florida nel 1513. All’inizio del XVI secolo nacque il nostro amico (mica tanto amico) a 4 zampe. Esso seguì un addestramento militare sull’isola di Hispaniola (l’isola odiernamente condivisa da Haiti e Repubblica Dominicana). L’alano non era l’unico della sua specie a seguire quei duri addestramenti, preparatori alla vita bellica sul continente.
Gli Alani Spagnoli erano perfetti per gli intenti dei Conquistadores: leali fino alla fine, tenaci, robusti e letali qualora fosse richiesto. Molti di loro svolgevano il ruolo di guardia dei detenuti nonché operazioni di ricognizione (anche se quest’ultimi approcci erano più rari). Ci sono fonti scritte che attestano la partecipazione di Becerrillo ad una sortita del padrone in quel di Boriquén. E sì, vinsero gli spagnoli, ovviamente. Nel 1511 l’alano si fece un nome nelle battaglie sull’isola di San Juan, sulla quale si era recato accompagnato da un altro generale, Sancho d’Aragona.
Imbattersi in Becerrillo era particolarmente “traumatizzante”. Quando non era in tenuta da battaglia (già, ne aveva una tutta sua), si presentava come un grosso mastino dal manto rossastro. Il naso era nero come il carbone e gli occhi di un ocra acceso. La mascella, particolarmente sviluppata, ospitava denti affilati come rasoi. I componenti dell’esercito castigliano ne apprezzavano soprattutto la tenacia e la resistenza. Per i suoi servigi, gli veniva corrisposta una paga mensile (intascata dal proprietario). Un episodio in particolare che vede come protagonista Becerrillo è passato alla storia. A riportarlo in una lettera è anche lo stesso Vasco Núñez de Balboa (il quale adotterà un figlio di Becerrillo, noto come Leoncico, valoroso e leale al pari del padre).
L’episodio narrato vede un contingente spagnolo accamparsi nei pressi di un villaggio nativo catturato. Alcuni spagnoli, ritenendo opportuno dimostrare come il cane fosse ligio al dovere, costrinsero un’anziana a “fuggire”, così da scatenare la rincorsa dell’alano. In effetti Becerrillo partì spedito ma si bloccò di fronte all’ordine della donna, che lo fissava blaterando parole incomprensibili (per i soldati). Il cane si avvicinò alla persona e – questo riferiscono le cronache – le urinò accanto. Il gesto valse la libertà all’anziana, ma ciò non è assolutamente appurabile.
Sebbene sulla dipartita del cane non ci siano informazioni precise, sembra che quest’ultimo sia morto dopo uno scontro con gli indigeni caraibici, dopo il 1514. Una freccia l’avrebbe trafitto all’altezza del costato. Restando sul campo dell’ipotetico, si pensa che gli spagnoli avessero mantenuto a lungo la riservatezza sulla tomba del cane, così da poter continuare a spaventare i nativi, spacciando altri alani per Becerrillo, temutissimo oramai.