Annibale Barca (soprannome dato al padre e tramesso ai figli che in fenicio indica il ”fulmine”) è stato un condottiero e politico cartaginese, famoso per le sue vittorie durante la seconda guerra punica contro i romani. Tra le sue imprese più grandi, ce n’è una in particolare, che egli progettò per riuscire ad invadere l’Italia. Partì dalla Spagna con 40.000 truppe e 40 elefanti. Passò prima per i Pirenei, poi per le Alpi e da qui scese nella penisola, dove sconfisse le legioni romane. La guerra terminò con l’attacco romano a Cartagine, che costrinse Annibale al ritorno in Africa, dove fu definitivamente sconfitto nella battaglia di Zama, nel 202 a.C.
La traversata della Alpi è rimasta nella storia come una delle più grandi imprese militari di tutti i tempi. Anche per questo Annibale è stato definito da Theodor Mommsen ”il più grande generale dell’antichità”. Eppure, ci sono molti aspetti di questo viaggio che ancora oggi sono inspiegabili.
Uno dei misteri irrisolti è dove Annibale prese il suo branco di elefanti. Sicuramente i cartaginesi non erano gli unici al tempo ad utilizzare questi animali in guerra. Erano utili sia per lanciare cariche contro il nemico, sia per trasportare pesi. Al tempo Annibale viveva a Cartagine, attuale Tunisia, ed erano presenti solo due specie di elefanti: gli asiatici e gli africani. Il condottieri si trovava, quindi, ad una certa distanza rispetto ai territori dove i pachidermi vivevano. Non si sa con certezza quale delle due specie il condottiero utilizzò. Si ritiene, però, che se avesse potuto, avrebbe scelto quelli asiatici, di più piccole dimensioni e più facili da addestrare, perfetti per un viaggio tra le Alpi.
Riguardo questo interrogativo, troviamo due scuole di pensiero. Alcuni storici sostengono la tesi secondo cui Annibale utilizzò una sottospecie di elefanti africani di foresta. Questi erano piuttosto piccoli e potrebbero non essere stati così utili per scopi militari. La prova a sostegno, secondo questi studiosi, è il ritrovamento di monete dell’epoca di Annibale raffiguranti un elefante africano.
Altri studiosi, invece, sostengono che il cartaginese utilizzò elefanti asiatici. La maggior parte degli uomini e degli elefanti, dopo la traversata delle Alpi resa possibile dal clima (relativamente) mite, non sopravvisse. Solo uno dei pachidermi resistette per tutto il viaggio, e si ritiene che si trattasse di un elefante asiatico. Il suo nome era Surus, ”il siriano”, cavalcato dallo stesso Annibale. Potrebbe essere stato sequestrato durante le campagne dei Tolomei d’Egitto in Siria e riportato a Cartagine. Nonostante questa sia utilizzata come prova che almeno uno degli elefanti fosse asiatico, non porta a conclusione che tutti gli altri lo fossero.
È possibile che egli abbia preso i suoi elefanti da più zone. Da dove provenissero con certezza, però, rimane ad oggi un mistero. Probabilmente, il primo pensiero di Annibale non era tanto la grandezza o la provenienza, quanto più “come” li avrebbe spostati e nutriti. Gli elefanti potevano rappresentare sicuramente una risorsa a livello militare, ma allo stesso tempo potevano essere un ostacolo alla riuscita della sua grande impresa.