L’iliade di Omero rappresenta uno dei poemi epici più famosi della storia, caposaldo della letteratura greca e occidentale. Narra gli eventi accaduti nei 51 giorni del decimo e ultimo anno della guerra di Troia. Tema centrale della storia è, appunto, la guerra che gli Achei, sotto la guida del capo Agamennone, avrebbero condotto contro la città di Troia per vendicare l’offesa fatta da Paride, figlio del re troiano Priamo. Questo aveva rapito Elena, moglie di Menelao, re di Sparta. Altro tema è l’ira di Achille, scatenata dalla minaccia di Agamennone di portargli via la schiava Briseide, donatagli come ricompensa per il suo coraggio in guerra.
Per molti secoli gli studiosi considerarono la città di Troia solo come un mito. Così, nel XIX secolo, l’archeologo tedesco Heinrich Schliemann decise di intraprendere una ricerca per dimostrare la reale esistenza della città di Omero e di fatto ci riuscì. Hisarlik, sito dove scavò l’archeologo, ad oggi è riconosciuto come il luogo dove un tempo di trovava Troia. Tra le tante scoperte che Schliemann fece, c’è anche il ”Tesoro di Priamo”, probabilmente appartenete al re troiano.
Il “Tesoro di Priamo” fu, fin dall’inizio, l’obiettivo principale di Schliemann. Dopo aver identificato un livello noto come ”Troia II”, l’archeologo si mise alla ricerca di questo. Il sospetto era che Priamo avesse nascosto le sue ricchezze da qualche parte, in modo tale che i greci, se avessero invaso la città, non le avrebbero trovate. Così il 13 maggio 1873 trovò quello che assiduamente stava cercando. In realtà, la scoperta fu totalmente causale: pare che abbia intravisto l’oro mentre raddrizzava il lato di una trincea sul lato sud-occidentale del sito.
Dopo aver rimosso il tesoro da terra, probabilmente un tempo conservato in una cassa di legno, lo fece subito conservare. Seguì un’approfondita fase d’analisi e catalogazione. Oltre ad oro e argento, il tesoro conteneva anche delle armi, un calderone di rame e una padella di bronzo.
Dopo la scoperta, subito le autorità ottomane cercarono di impossessarsene. Schliemann però ideò un piano per portare gli oggetti fuori dal territorio. Tuttavia, il come ci riuscì risulta ancora un mistero. Alcuni pensano che sia stata opera della moglie Sophie, la quale si avvalse di alcune non meglio specificate “usanze ottomane” per portarli fuori (forse nascose qualcosa nelle mutande, almeno questo dice la leggenda). La storia terminò con Schliemann denunciato dalle autorità ottomane e citato in giudizio. Perse la causa e fu costretto a pagare una multa di 400 sterline per il risarcimento. Egli, invece, pagò volontariamente 2.000 sterline, e sembra che queste gli assicurarono qualcosa in più, ma non si sa con certezza di cosa si tratti.