Ancona, durante la Seconda Guerra Mondiale, rappresentava un punto strategico. Il porto, i cantieri navali e i raccordi ferroviari la rendevano il luogo ideale per avere un controllo di tutto il territorio e pianificare attacchi. Il 13 settembre 1943, pochi giorni dopo l’armistizio, venne occupata dai tedeschi. Allora, erano circa 12.000 i soldati italiani che si trovavano ad Ancona. Alcuni scapparono e si unirono ai partigiani. Altri accettarono di passare nelle file dei tedeschi. La maggior parte, però, si dichiarò prigioniero di guerra per non combattere più.
Proprio nel capoluogo marchigiano viveva in quel periodo Alda Renzi Lausdai. A molti, come è ovvio che sia, il nome sarà del tutto sconosciuto. Eppure ebbe un ruolo decisivo nell’aiutare i soldati italiani a fuggire dai tedeschi. Nacque il 15 novembre 1890 e rimase vedova a soldi 25 anni con 4 figli a carico da dover crescere da sola. Così iniziò a lavorare come sarta presso la caserma Villarey, riparando e sistemano le divise dei militari. Ci lavorò per così tanti anni che orami era diventata la sua seconda casa e conosceva ogni angolo di essa. Aveva anche un’aiutante, Irma Baldoni Di Cola, detta Mimma. Quest’ultima, nata a Civitavecchia il 14 gennaio del 1893, divenne il braccio destro di Alda.
Quando vennero a sapere che i tedeschi avrebbero deportato i ‘ragazzi‘ (come li chiamavano loro) in Germania, subito si attivarono e pensarono ad un piano per aiutarli a fuggire e a nascondersi. Sapevano che i militari potevano ricevere visite e che tutti venivano controllati in entrata, ma religiosi e donne uscivano liberamente. Così ebbero un’idea geniale: avrebbero trasvestito i soldati da donne in modo tale da passare i controlli inosservati.
Subito mobilitarono l’intera città per raccogliere quanti più abiti e gioielli da donna potessero. Raccolsero anche tonache da prete e abiti da suore. Le sarte adattarono i vestiti così da essere indossati da un uomo e successivamente Alda li introdusse in caserma senza nessun problema, nascondendoli tra le divise dei militari.
Dopo aver travestito i soldati, Mimma li accompagnava fuori dal portone, dalle finestre o da passaggi non controllati. Non li abbandonavano, ma li affidavano ad altre donne che li avrebbero protetti nelle loro case. Le due sarte riuscirono a coinvolgere tutto il quartiere Pantano e i tedeschi non sospettarono mai di loro, anche dopo essersi accorti delle fughe e blindarono la zona.
Mimma sopravvisse alla guerra e morì nel 1977. Alda non fu altrettanto fortunata e morì sotto un bombardamento del 1° novembre 1943 insieme alle sue figlie e a più di 1.500 persone. Le bombe colpirono anche un rifugio antiaereo, quello del Carcere Santa Palazia in Via Birarelli. I soccorritori estrassero vive solo 156 persone, le altre rimasero intrappolate nel rifugio, vivo o morte che fossero. Decisero successivamente di murarlo per motivi sanitari e solo nel 1953 riaprirlo. Erano 724 i corpi rimasti intrappolati, fra questi quello di Alda con le sue figlie. Oggi una lapide ricorda il coraggio di Alda e Mimma nell’ex Caserma Villarei, la loro generosità e il loro impegno.