Almanacco del 7 ottobre, anno 1913: Henry Ford introduce il sistema rivoluzionario della catena di montaggio. Si tratta di una grandissima innovazione a livello tecnico e di aumento della produttività ma che avrà detrattori e nemici in tutto il mondo, legati a varie correnti di pensiero che la vedevano come alienante e disumana. Buttiamoci allora in questa mischia e cerchiamo di capirne qualcosa in più.
Partiamo dalla base: che cos’é la catena di montaggio? Si tratta di un sistema atto ad ottimizzare i tempi e la produttività umana e dei macchinari frazionando il lavoro in numerose porzioni da far svolgere ad operai specializzati in quella singola operazione. Se c’è da produrre, a titolo esemplificativo, 100 pezzi di un automobile, ogni reparto con i suoi operai si occuperà esclusivamente di un pezzo, o di pochi di essi. Andando avanti, ognuno aggiungerà il proprio, fino ad ottenere un unico prodotto finito.
Nel 1913, nel suo stabilimento di produzione automobilistica di Detroit, Henry Ford introdusse dunque questo nuovissimo metodo. Vi era un nastro trasportatore che spostava piccoli o grandi pezzi e ogni operaio ne assemblava uno. Alla fine, da tanti minuziosi lavori ne veniva fuori uno solo, fatto e finito, ovvero un’automobile. Questo è però il lato estremamente pratico della vicenda.
Passiamo ora a quello più teorico. Prima dell’introduzione della catena di montaggio, la Ford di Detroit produceva un auto ogni 12 ore. Dal 1913 in poi ne bastava una e una sola. A primo acchito sembra fantastico, ma non lo era per gli operai della fabbrica. Già qualche decennio prima, Karl Marx aveva introdotto dei nuovi concetti da applicare a questo tipo di lavoro, fra cui quello di alienazione e di sfruttamento del capitale. Chiaramente qui non si vuole ridurre un fertile e vastissimo dibattito al solo Marx, ma si ricorda che vi furono altri eminentissimi pensatori che si occuparono della questione.
Bene, queste teorie trovavano un’applicazione più che valida in questo nuovo corso dell’industria contemporanea. Un operaio produceva nel corso della sua vita, supponiamo, centinaia di migliaia di minuscoli pezzi di un automobile. Ogni giorno, ogni minuto della sua esistenza, mentre lavorava non faceva altro. Ma non vedeva mai il prodotto finito, anzi, probabilmente, non sapeva nemmeno a cosa potesse servire quel pezzo da lui prodotto nell’orbita completa della produzione. Ecco allora che l’operaio alienava se stesso nel lavoro.
E se il lavoro si semplificava, in molti casi arrivava anche la meccanizzazione dei processi. Per lavori molto semplici si può benissimo utilizzare un macchinario, perché pagare un salario pin più? E arrivavano dunque anche gli sfruttamenti e i licenziamenti di manodopera. Ma questi sono discorsi molto teorici che sicuramente hanno a che fare con l’introduzione di Ford, ma che in ogni caso non possono negarne l’innovazione e il miglioramento della produzione, almeno nel senso più puro del termine.