Almanacco del 7 febbraio, anno 1945: si consuma, in Friuli, l’Eccidio di Porzûs, uno degli eventi più tragici della Resistenza italiana. Si trattò del culmine delle tensioni fra le Brigate Garibaldi, comuniste, e le Brigate Osoppo, cattoliche e laico-socialiste. La formazione comunista mostrò tutta la brutalità di cui era capace solo per le divergenze ideologiche che le separavano da quei compagni di lotta.

Era il 7 febbraio del 1945 e circa 100 uomini appartenenti ai GAP, Gruppi di Azione Patriottica, capeggiati da Mario Toffanin, detto “Giacca” arrivò di fronte alle armate della Brigata Osoppo. Arrivarono lì con un ordine ben preciso, emesso per via scritta dal vicesegretario della federazione del PCI di Udine, Alfio Tambosso “Ultra“. Era un ordine macabro e duro.
Raggiunti nel bosco di Porzûs, gli uomini della Osoppo non ebbero scampo. I gappisti, per arrivare indisturbati sul luogo del misfatto, si divisero in gruppi nei pressi del centro abitato: alcuni si spacciarono per partigiani sbandati, altri per fuggiaschi dai treni, altri addirittura per appartenenti alle stesse Osoppo. Superarono in questo modo astuto i controlli della Brigata del luogo. Ricompattatisi, raggiunsero gli osovani fra gli alberi fitti.

Colti di sorpresa nella macchia boschiva, persero subito la vita in 4: Comin, De Gregori, Valente “Enea” e la Turchetti, che avrà un ruolo non secondario nella vicenda. Altri 13 osovani finirono catturati, ma il loro destino fu identico a quello dei loro compagni. Dopo processi sommari furono tutti condannati e giustiziati tramite fucilazione. Tra di loro vi era anche il fratello di Pier Paolo Pasolini, Guido.
Arriviamo al punto più dibattuto e contorto della questione: perché si sparò a dei compagni di lotta? Le motivazioni addotte dalle forze comuniste guidate direttamente dal PCI furono diverse. Toffanin stesso accusò Elda Turchetti di essere una pericolosa spia e dunque la causa scatenante dell’azione. Giustificazione a dir poco meschina perché morirono 16 persone oltre a lei. Altre volte si accusò gli osovani di collaborazionismo Xª Flottiglia MAS e del Reggimento alpini “Tagliamento”, forze appartenenti alla RSI.

Altra accusa mossa fu quella di ostacolare i rapporti con i compagni jugoslavi. Secondo molti però la vera ragione dietro questa strage riguarda solo la politica interna. La Brigata Osoppo si opponeva alla guida tutta comunista delle operazioni di Resistenza e lottava per evitare il monopolio di potere dei compagni dopo la fine delle ostilità. Questi motivi bastarono per compiere uno dei gesti moralmente più bassi di tutta la Resistenza, uccidendo senza scrupoli chi lottava con loro contro un nemico comune.
Forse dopo tutto è vero che il potere logora chiunque, anche chi si suole professare integerrimo e aiutante dei bisognosi. Lo smacco continuò anche dopo perché molti dei responsabili non ricevettero processi e condanne per omicidio, ma piuttosto accusati di “irregolarità nelle azioni di guerra“ e condannati con pene lievi. Nessuno di loro scontò pene carcerarie, salvo il periodo di attesta del processo. Come premio, alcuni di loro, ebbero avanzamenti di carriera nelle formazioni politiche comuniste e nell’ANPI. “Ciascuno secondo le proprie possibilità, a ciascuno secondo i propri bisogni“, almeno quando questo conviene.