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Accadde oggi: 7 aprile

Accadde oggi: 7 aprile

Almanacco del 7 aprile, anno 924: nella città di Verona, di fronte la chiesa di San Pietro (dove oggi sorge castel San Pietro), cade vittima di un assassinio il re d’Italia, nonché imperatore dei Romani, Berengario del Friuli. Il sovrano della dinastia franca degli Unrochinghi, si distinse come uno dei principali protagonisti della cosiddetta “anarchia feudale”, termine con cui la storiografia tradizionale definisce il periodo di fortissima instabilità politica, inquadrato grossomodo a cavallo tra IX e X secolo, all’interno del carolingio Regno d’Italia.

Accadde oggi: 7 aprile

Dopo la dissoluzione dell’Impero carolingio, verificatasi a seguito della deposizione di Carlo il Grosso nell’887, l’Italia – come del resto gli altri territori un tempo soggetti alla centralizzata autorità carolingia – entrò in una vorticosa spirale politica e militare, fatta di lotte dinastiche fra i vari signori feudali (supermagnates) interessati al dominio del regno italico. Berengario del Friuli (845 circa – 7 aprile 924) fu uno di questi magnati. Sì, perché con la caduta di Carlo il Grosso, tornavano ad essere vacanti tutti i titoli regi e di conseguenza le prerogative da essi derivate. Per accaparrarsi quegli onori e quegli oneri, scoppiò una contesa tra i potenti del regno.

7 aprile

Berengario, marchese del Friuli e discendente dell’imperatore Ludovico il Pio, fu il più lesto ad ottenere la corona d’Italia a Pavia, già nel 888. La dignità regia gli venne tuttavia contestata da innumerevoli signori feudali, altrettanto ben dotati da un punto di vista militare: i vari marchesi della Tuscia, i duchi di Spoleto, ancora i marchesi di Ivrea. Subì per questo varie destituzioni e ritorni al potere. Riuscì infine a ottenere il titolo imperiale nel 915 con il sostegno di papa Giovanni X, dopo aver combattuto gli arabi del Garigliano.

7 aprile Regno carolingio d'Italia

Dal 920, ai mille problemi interni al regno italico, se ne aggiunse uno esterno, anche abbastanza importante: gli Ungari. La popolazione semi-nomade premette sulla frontiera orientale e costrinse Berengario a spendere le sue energie – talvolta futilmente – per difendere i confini. Ne approfittarono i suoi avversari che nel 922 gli soffiarono la corona d’Italia nuovamente da sotto il naso. Il campione della fazione anti-imperiale era Rodolfo II di Borgogna, interessato a scalzare una volta per tutte Berengario.

In effetti, dopo la battaglia di Fiorenzuola d’Arda (29 luglio 923), le cose sembrarono volgere al peggio per il re d’Italia. Egli, ritiratosi nella capitale del regno, ossia Verona, (forse) programmò o quantomeno istigò il famigerato assedio di Pavia del 924, uno dei capitoli più oscuri della storia italiana altomedievale.

7 aprile assedio Pavia

Con il rogo di Pavia, eccelsa fra le città settentrionali, Berengario toccò il suo punto più basso. Finì per inimicarsi persino l’aristocrazia veronese, storicamente sua alleata. Quest’ultima si strinse allo sculdascio (magistrato) Flamberto, il quale ordì l’assassinio del 7 aprile 924. Le fonti sono concordi nell’indicare questa data come quella in cui l’imperatore dei Romani morì, ma discordano sulle modalità. La versione tradizionale vede Berengario soccombere per mano di una milizia ostile che si era finta al suo servizio. Un sicario, al soldo di Flamberto, avrebbe trafitto con una lancia il monarca fuori la chiesa di San Pietro, a Verona. Un’altra ipotesi indica come luogo di morte l’interno della chiesa, luogo per sua stessa dicitura sacro e inviolabile.

7 aprile Berengario e la sua corte

Dopo la sua morte, Rodolfo II venne riconosciuto re d’Italia, ma il regno rimase instabile e in balia di lotte dinastiche. Inoltre gli Ungari continuarono le loro incursioni, sfruttando la debolezza politica del paese. Per quanto riguarda l’impero, questo non avrebbe avuto un successore fino al 962, anno dell’ascesa al trono imperiale di Ottone I.