Almanacco del 7 agosto, anno 1947: l’esploratore e scrittore norvegese Thor Heyerdahl raggiunse la barriera corallina di Raroia, nell’arcipelago polinesiano di Tuamotu, a bordo della sua zattera rinominata Kon-Tiki. Così dimostrò al mondo intero che i viaggi attraverso il Pacifico degli uomini preistorici non solo erano possibili sulla carta, ma concreti persino nella pratica.
Tutto ebbe origine da una sfida, sì, una sfida alla comunità scientifica, che fino alla seconda metà degli anni ’40 del Novecento aveva ribadito a più riprese l’impossibilità delle traversate oceaniche da parte delle genti preistoriche. “Impossibile arrivare in Polinesia dal Sud America” dicevano, “Come avrebbero fatto? A bordo di zattere…? Ma non scherziamo!” continuarono a sogghignare. Chi non scherzava affatto era Thor Heyerdahl, che la prese sul personale.
Per dimostrare che le popolazioni precolombiane poterono, almeno in via d’ipotesi, colonizzare le isole polinesiane, Heyerdahl mise in piedi una zattera utilizzando materiali, metodi e tecnologie di tipo preistorico. È necessario specificare, per correttezza d’informazione, l’equipaggiamento di bordo fosse tutt’altro che arcaico. Per la riuscita della spedizione Heyerdahl e gli altri membri dell’equipaggio (cinque marini ed un pappagallo) si avvalsero di una radio, orologi, carte, sestanti, coltelli ed un machete.
Persino il nome del battello in legno era tutto un programma. Kon-Tiki sarebbe stato il nome del dio solare venerato in alcune regione dell’Oceania e [rullo di tamburi] e presso alcune popolazioni preincaiche. Il 28 aprile 1947 Thor Heyerdahl salpò dal porto di Callao, in Perù, alla volta dell’oceano Pacifico meridionale. Ancora una volta devo incappare in una precisazione di contesto, che però non va ad intaccare la straordinarietà dell’impresa. Questa folle avventura non avveniva sottovento. Era coinvolto persino l’ambasciatore norvegese negli USA, Gerd Vol, che coordinò da terra le operazioni in mare. Si può dire come a tutti gli effetti, Vol fu il settimo membro della spedizione.
Contro lo scetticismo degli esperti, i quali credettero a lungo alla distruzione della zattera, debole dinnanzi alle onde oceaniche o alle forti correnti pacifiche, dopo 101 giorni di viaggio la Kon-Tiki si incagliò sulla barriera corallina di Raroia. Avevano raggiunto l’arcipelago delle isole Tuamotu, Polinesia francese. Il resoconto del 7 agosto 1947 fece il giro del mondo. L’eco della strabiliante impresa affascinò un po’ chiunque in un globo che aveva maledettamente bisogno di distrarsi dopo il devasto della guerra.
Un anno dopo, nel ’48, Thor Heyerdahl scrisse e pubblicò The Kon-Tiki Expedition: By Raft Across the South Seas. Best seller nell’arco di poche settimane, il libro fu tradotto in più di 70 lingue diverse. In tanti ebbero modo di leggere per filo e per segno i dettagli di quell’avventura senza senso, in barba alla comunità scientifica. Inerente al viaggio, produttori cinematografici, in accordo con Heyerdahl, diedero vita anche ad un film documentaristico. Inutile dirlo: Kon-Tiki ottenne l’Oscar come miglior documentario nell’edizione del 1951.