Almanacco del 6 luglio, anno 640: romani e musulmani si scontrarono nella Battaglia di Eliopoli, l’esito della quale determinò il radicale mutamento della situazione politica e militare dell’Esarcato d’Africa. Dopo la morte di Maometto, l’8 giugno 632, gli arabi avevano sì trovato coesione spirituale sotto una comune causa, ma non avevano altresì raggiunto una comunione politica o statale, che dir si voglia.
Suddetta situazione perdurò per circa un trentennio. Il periodo, comunemente noto come “Califfato dei Rashidun“, ossia “Califfato degli Ortodossi”, fu contraddistinto da un implacabile processo espansionistico che a stretto giro dissolse il millenario Impero persiano e minacciò seriamente la stabilità dell’altro impero dominante, quello romano di Costantinopoli. A simboleggiare quest’ultima circostanza è la Battaglia di Eliopoli, combattuta il 6 luglio del 640.
La repentina conquista delle ricchissime e prospere Siria e Palestina (633-640) a danno dei romani aveva permesso agli arabi di concentrarsi sull’ugualmente allettante Egitto. Prendere Alessandria significava irrompere una volta per tutte nell’allora Esarcato d’Africa. Un territorio fertile e produttivo, abitato da una popolazione socialmente eterogenea e stanca dell’oppressione burocratica/fiscale bizantina. Persino i cristiani ivi presenti – anche se nella loro accezione eretica monofisita o nestoriana – auspicavano l’avvento dei più tolleranti arabi.
Questo l’abbreviato contesto entro il quale si svolse la campagna egiziana del comandante Amr ibn al-A’as, al servizio del secondo califfo Omar. Alla testa di circa 10.000 uomini (come sempre accade in questi casi, le fonti riportano tanto numeri inferiori – come 4.000 uomini – quanto stime eccessivamente superiori – più di 40.000) Amr ibn al-A’as marciò dalla Siria verso il Sinai. Prese d’assedio e conquistò in sequenza le roccaforti di Farama (Pelusium), Bilbeis (Phelbes), Umm Dunein lungo il Nilo. Dopo questi successi, l’esercito califfale si diresse più a sud. Esso entrò nell’area di Faiyum, associandosi ad un secondo contingente arabo appositamente inviato dal califfo Omar per dare il via alla Battaglia di Eliopoli.
Oggi si chiama ‘Ayn Shams ed è un quartiere periferico del Cairo, ma un tempo tutti la conoscevano con nome ellenico Eliopoli (o Heliopolis). Il centro occupava un posto nel podio delle città più importanti d’Egitto e, di conseguenza, dell’Impero dei romei. A difendere la città vi erano un totale di 20.000 uomini sotto il generale Teodoro, supremo comandante di tutta la macchina militare bizantina nelle terre bagnate dal Nilo. Teodoro ordinò ai suoi di intercettare il nemico poco fuori le mura cittadine. Al contrario il comandante Amr ibn al-A’as ebbe l’accortezza strategica di scindere il suo esercito in tre blocchi, uno dei quali, guidato dal fedele Kharija, sarebbe rimasto in disparte fino al momento giusto, mentre l’altro si sarebbe appostato nel lato opposto per ingaggiare i romani in rotta in caso di sconfitta.
Un piano accuratissimo che in effetti funzionò. Ingaggiato lo scontro, i 20.000 bizantini non ressero l’urto della cavalleria araba. Kharija entrò in scena, attaccando da dietro la formazione di Teodoro. Fu una carneficina immediata e cruenta. Il generale romano ordinò la ritirata ma gran parte dei suoi non riuscirono neppure a voltarsi, finendo uccisi dall’impeto arabo.
All’indomani della battaglia del 6 luglio, Eliopoli cadde, così come capitolò l’Egitto meridionale. Di lì a pochi mesi anche Alessandria si prostrò al cospetto dei musulmani. In quel giorno di luglio del 640 si decise il destino dell’intero Esarcato d’Africa, un destino a tinte nere, dello stesso colore degli stendardi califfali. In buona pace di Eraclio e di Costantinopoli, di lì a poco preda delle mire omayyadi.