Almanacco del 6 aprile, anno 1520: muore a Roma, nel giorno del suo compleanno e di Venerdì Santo, Raffaello Sanzio. Uno dei più grandi artisti rinascimentali e della storia italiana tutta, non poteva che andarsene così come visse: nella grandezza e nella bellezza. Vediamo insieme, in breve, la storia di questo grande protagonista dell’arte tutta, vediamo insieme la storia del divino.
Raffaello nacque ad Urbino, nel 1483, il 28 marzo appunto lo stesso 6 aprile, la data non è certa. La sua produzione, soprattutto se rapportata alla sua breve esistenza, è smisurata. La sua “Maniera” fu modello dello sviluppo artistico dei secoli a venire e lui, “il Divino“, fu fonte ispiratrice per moltissimi artisti almeno fino al XIX secolo, influenzando anche le avanguardie del ‘900 e i movimenti successivi.
Per il suo grandissimo sviluppo nel mondo dell’arte, fondamentale fu la sua città natale: Urbino. All’epoca, sul finire del XV secolo, la città marchigiana era il fulcro dello sviluppo del Rinascimento, italiano ed europeo. Grazie a suo padre, Raffaello poteva entrare liberamente nel Palazzo Ducale ed aver così accesso alle opere di grandissimi artisti, fra cui anche Piero della Francesca.
Giovanni Santi, il padre del Sanzio, ebbe anche un altro enorme merito nella vita del figlio: fu forse lui il maestro che insegnò le basi della pittura al Divino. Il Santi era infatti all’epoca proprietario di una bottega abbastanza prestigiosa. Qui produceva opere di buona qualità per la stessa famiglia ducale e per l’aristocrazia locale.
Altro grande pittore importantissimo nella sua formazione fu il Perugino, del quale era solito visitare la bottega umbra. Il resto poi fu un exploit di arte, bellezza e seme d’immortalità. Il suo pennello sembrava tanto divino quanto lui, le sue opere illuminate di luce apoteotica. Lo Sposalizio della Vergine, La Madonna del Cardellino, La Scuola d’Atene e molte, molte altre, sono le sue opere che ancora oggi hanno un peso non indifferente.
La sua morte in giovane età ci priva di tanti altri possibili capolavori della sua arte. Senza dubbio è che, quanto da lui fatto, rimane nella storia dell’arte italiana e mondiale, in maniera indelebile. Il suo soprannome è un vero e proprio caso di nomen omen, dato che qualsiasi tela che toccava diventava divina.