Storia Che Passione
Accadde oggi: 5 marzo

Accadde oggi: 5 marzo

Almanacco del 5 marzo, anno 363 d.C.: l’imperatore Giuliano, alla guida di un esercito di 50-60.000 uomini, lascia Antiochia per intraprendere l’ultima grande campagna sasanide, atto conclusivo delle guerre romano-sasanidi iniziate un secolo e mezzo addietro (224 d.C.). Inizialmente le operazioni si rivelarono un successo per i Romani, i quali marciarono fino a Ctesifonte, capitale dell’Impero sasanide, cingendola d’assedio dopo una sanguinosa battaglia. A causa di diversi fattori sfavorevoli – che tra poco analizzeremo – Giuliano fu costretto alla disastrosa e, per lui fatale, ritirata.

Accadde oggi: 5 marzo

La campagna contro il Regno sasanide di Sapore II fortemente voluta da Giuliano fu una delle più ambiziose e rischiose operazioni militari dell’Impero romano. La fonte primaria che ci fornisce un resoconto abbastanza dettagliato della spedizione mesopotamica è Ammiano Marcellino. Lo storico romano conobbe l’imperatore e ne descrisse l’operazione bellica nei libri XXIII-XXV delle sue Res gestae. Ma perché Flavio Claudio Giuliano, detto Giuliano l’apostata, imperatore di Roma dal 360, sentì la stringente necessità di invadere la Persia sasanide?

Ragionare sulla domanda offre spunti per un dibattito enorme, che in ambito accademico ancora non conosce soluzione. Tuttavia esistono tesi più robuste di altre, che brevemente si possono riassumere:

  • Riscattare l’orgoglio romano dopo le mezze vittorie/mezze sconfitte ottenute dal predecessore Costanzo II sul confine mediorientale.
  • Consolidare, soprattutto agli occhi dell’esercito, la propria posizione, in quanto imperatore di recente acclamazione.
  • Legittimare la sua posizione politica e religiosa (avversa ai cristiani e in controtendenza rispetto ai predecessori) attraverso il soggiogamento dei Persiani, come un novello Alessandro Magno (recupero dei valori classici).
5 marzo mappa campagna sasanide del 363 d.C.

Quali che siano le ragioni, si ha l’impressione che Giuliano mosse guerra a Sapore II esclusivamente per questioni politiche, aventi come scopo l’ottenimento di un vasto consenso. Dopo essersi recato nel 362 ad Antiochia ed avervi svernato, il 5 marzo dell’anno successivo ordinò lo spostamento delle truppe verso Oriente. L’esercito romano constava di legioni ordinarie, ausiliari (organizzati dall’alleato re di Armenia) e foederati (arabi).

L’intero corpo di spedizione si sarebbe diviso in due tronconi: il più grande, circa 45.000 uomini, sotto la personale guida dell’imperatore avrebbe attraversato la Mesopotamia, lungo il fiume Eufrate, con l’obiettivo di assediare e prendere Ctesifonte, la capitale sasanide. La seconda colonna, all’incirca 15.000 uomini guidati dal generale Procopio e dal re armeno Arsace II, avrebbe attaccato la Mezzaluna fertile da nord, agendo da fattore distrattivo.

5 marzo strada di Antiochia

Il grosso dell’esercito, come detto guidato da Giuliano stesso e dai suoi più validi generali, raggiunse Ctesifonte nel mese di maggio. A quel punto tutti i limiti di un’operazione così complessa vennero a galla. Il contingente non disponeva delle macchine d’assedio e la città non sarebbe caduta in tempi ragionevoli. Mancavano inoltre scorte e viveri sufficienti per una simile impresa. In aggiunta, i comandanti dell’esercito e l’imperatore temevano che il grande esercito sasanide (di cui non si conoscono le cifre, ma che sicuramente batteva numericamente quello romano) si fosse palesato da un momento all’altro.

Allora quale alternativa restava? Tornare indietro era impossibile, perché una volta navigato l’Eufrate fu dato l’ordine di bruciare il naviglio della flotta fluviale; allora Giuliano, pur temendo l’inseguimento persiano, optò per la rottura dell’assedio di Ctesifonte e la ricongiunzione, in direzione nord, con le truppe di Procopio. La ritirata che ne seguì fu durissima secondo quanto riporta Ammiano Marcellino. Tanti non ce la fecero e subirono fatalmente l’ostilità del deserto.

5 marzo bassorilievo morte di Giuliano

Ricongiuntosi a Procopio, la marcia verso casa continuò apparentemente senza ostacoli fino alla seconda metà di giugno del 363. La colossale armata del re dei re Sapore II si manifestò all’altezza di Maranga – villaggio scomparso dalle mappe, ma individuabile nei pressi dell’odierna Samarra, Iraq centrale. Il 22 giugno 363 d.C. infuocò la battaglia di Maranga. Si risolse in una vittoria sul campo dei Romani ma, neppure troppo paradossalmente, in una più larga vittoria strategica dei Sasanidi.

Sì, perché durante la battaglia, evento culmine della spedizione intrapresa il 5 marzo di quell’anno, l’imperatore Giuliano andò incontro al suo mortale destino. Si dice trafitto da una freccia, forse per un colpo di spada. Le ferite troppo gravi non perdonarono e quattro giorni dopo, il 26 giugno, Roma perse il suo imperatore pagano. Le truppe acclamarono subito un successore, scelto nella persona di Gioviano, comandante della guardia. Cogliendo l’estrema urgenza di una pace, Gioviano la chiese e la ottenne da Sapore II.

5 marzo statua imperatore Giuliano l'apostata

Le condizioni imposte dal trattato furono per l’Impero di Roma un duro colpo, tanto morale quanto militare-politico. Con la pace del 363 Gioviano rinunciò a tutta la zona precedentemente occupata al di là del Tigri e in più cedette quindici fortezze strategiche per il mantenimento del confine. Tra le cittadelle perse le più importanti furono quelle di Singara e Nisibis. Il confine romano-sasanide tornò ad essere quello anteriore alle conquiste dioclezianee del 298 d.C.