Almanacco del 5 agosto, anno 1966: Bian Zhongyun, vicepreside della Scuola superiore sperimentale annessa all’Università Normale di Pechino, venne picchiata a morte dalle Guardie Rosse. La sua dipartita, la prima di un’operatrice scolastica causata da motivi strettamente politici ed ideologici, diede avvio al periodo noto come “Agosto rosso”. L’espressione indica una serie di massacri perpetrati durante tutto il mese di agosto nella capitale della Repubblica popolare cinese, Pechino, in seno alla rivoluzione culturale fortemente voluta da Mao Zedong.
L’evento scatenante che portò all’omicidio di Bian Zhongyun si verificò nel marzo del 1966. Un terremoto colpì l’area periferica di Pechino. I professori della Scuola superiore sperimentale, tra cui la diretta interessata, suggerirono agli studenti di correre via il più veloce possibile nel caso in cui si fossero avvertite nuovamente delle scosse. Un paio di alunni chiesero di conseguenza se avessero dovuto portare con loro il quadro di Mao appeso sul muro della classe. Secondo la ricostruzione ufficiale, l’insegnante ripeté solo quanto detto fino ad allora, senza annuire o negare. Circolò voce sullo scambio di battute, voce che giunse alle orecchie di Song Binbin, studentessa presso l’istituto e volto delle Guardie Rosse.
La ragazza accusò Zhongyun di opporsi al presidente Mao Zedong e di essere una pericolosa “revisionista controrivoluzionaria”. Un commando di studenti e studentesse, di cui fecero parte Deng Rong e Liu Pingping (rispettivamente le figlie di Deng Xiaoping e di Liu Shaoqi), assaltò mortalmente la professoressa il 5 agosto 1966.
Due settimane dopo l’accaduto, il 18 agosto, Mao Zedong e Song Binbin si incontrarono in piazza Tienanmen. Il colloquio rafforzò enormemente la posizione delle Guardie Rosse. Si sentirono infatti affrancate nel poter compiere massacri e violenze di ogni tipo, la totalità dei quali restarono impuniti per volontà di Mao. Quest’ultimo si espose chiedendo al Ministero della Pubblica Sicurezza di non perseguire penalmente le Guardie Rosse. Il 22 agosto il presidente approvò un documento (sempre del Ministero della Pubblica Sicurezza, in mano al fidato Xie Fuzhi) in cu si ordinava di “non utilizzare la forza di polizia, nessuna eccezione, per intervenire o reprimere il movimento degli studenti rivoluzionari”.
Tra la fine di agosto e gli esordi di settembre la situazione degenerò sensibilmente. A quel punto sia il Comitato centrale del Partito Comunista Cinese, sia l’esecutivo, adotteranno delle contromisure per attenuare ed estinguere i molteplici massacri. Le statistiche ufficiali del 1980 dichiarano come dall’agosto al settembre del 1966 siano morte 1.772 persone. Le Guardie Rosse avrebbero saccheggiato 33.695 case. Durante l’Agosto rosso più di 85.000 famiglie lasciarono la città di Pechino. Le medesime statistiche saranno aggiornate nell’85 dal governo cinese, con numeri al rialzo (10.275 morti, 92.000 case derubate, 125.000 famiglie sfrattate).
Il 5 agosto 1966 per una minoranza degli storici assume una certa somiglianza con un’altra data tristemente nota del XX secolo: la notte tra il 9 e il 10 novembre del 1938, la “Kristallnacht” o “Notte dei cristalli”.