Almanacco del 4 agosto, anno 1578: presso Ksar El Kebir, nell’attuale Marocco, si svolse una durissima battaglia tra i portoghesi di re Sebastiano I, giunto in supporto del deposto Abū ʿAbd Allāh Muḥammad II, e le truppe fedeli al nuovo sultano Abd al-Malik. Lo scontro passò alla storia come la “Battaglia dei Tre Re” perché tutti e tre i sovrani perirono durante l’evento bellico.
Ciò che accadde il 4 agosto di quel lontano 1578 non fu affatto un evento marginale per la storia europea e nordafricana. Le sorti delle parti in gioco mutarono sensibilmente dopo la battaglia di Alcazarquivir. Prima di esaminare le conseguenze dell’evento, sarebbe opportuno analizzarne le premesse. Nipote di Carlo V d’Asburgo e regnante sul Portogallo dal 1568, quando aveva ancora 14 anni, Sebastiano I era mosso da uno sconfinato fervore religioso, probabilmente rafforzato fin dai primi anni di vita dai suoi precettori gesuiti. A questa sorta di fanatismo cristiano – di per sé sufficiente per intraprendere una crociata nel Maghreb al-Aqṣā (termine usato dai geografi musulmani per indicare l’estremo occidente africano) – si sommò un fattore squisitamente politico-commerciale.
Le Cortes del regno iniziarono a domandare con sempre più insistenza l’intervento militare sulla costa atlantica nordafricana per salvaguardare le rotte commerciali lusitane con Guinea, Brasile e i vari empori sparsi nell’Oceano Atlantico. L’impavido re portoghese colse la palla al balzo quando nella corte di Lisbona si presentò Abū ʿAbd Allāh Muḥammad II. Il membro della dinastia Sa’diana chiedeva aiuto per riconquistare il trono perduto per mano dello zio Abd al-Malik, militarmente ed economicamente appoggiato dall’Impero ottomano.
Un intervento diretto in terra magrebina avrebbe sconfessato il modus operandi portoghese. Il “piccolo” (si fa per dire, tanto piccolo non era) regno iberico aveva costruito il suo vasto impero marittimo, che andava dal Brasile alle Indie Orientali, attraverso una saggia combinazione di commercio, esplorazione e maestria tecnologica. La conversione delle popolazioni al Cristianesimo era uno degli obiettivi, ma non l’unico. Sebastiano I volle ribaltare lo schema, agendo con pugno duro in un territorio potenzialmente inospitale.
Nel 1574 una prima incursione lusitana a Tangeri ebbe successo. La vittoria diede modo al re di Portogallo di progettare piani più ottimistici. Attingendo dal tesoro reale, il sovrano mise in piedi una flotta di tutto rispetto (stimate 500 navi). L’esercito su cui poté contare si presentava variegato nell’aspetto e nella forma. In un totale di circa 23.000 effettivi, spiccavano castigliani, mercenari tedeschi e addirittura italiani provenienti dallo Stato Pontificio e guidati da un comandante inglese, Thomas Stukeley. Il corpo di spedizione portoghese era scarsamente disciplinato, impreparato, inesperto e fin troppo poco coeso. L’élite dell’esercito era composta da “avventurieri”, per lo più nobili portoghesi veterani delle guerre in Africa e in Oriente.
Partiti da Lisbona il 25 giugno 1578, Sebastiano e il suo esercito si unirono ai circa 6.000 uomini di Abū ʿAbd Allāh presso Tangeri. I due marciarono via terra fino a Ksar El Kebir, dove arrivarono il 4 agosto. Giusto in tempo per saggiare la potenza e l’enormità dell’esercito nemico. Il sultano marocchino schierò 65.000 magrebini e 15.000 giannizzeri ottomani. La disparità delle forze in campo e la stanchezza dopo settimane di costante marcia sotto il sole estivo nordafricano fecero pendere l’ago della bilancia a favore di Abd al-Malik.
Per Sebastiano I di Portogallo e il suo alleato Abū ʿAbd Allāh non ci fu niente da fare. La disfatta per loro fu anche più pesante, visto che finirono per rimetterci la vita. Quattro ore di intensi combattimenti declararono la schiacciante vittoria delle forze sultanali-ottomane ma anche la scomparsa del loro leader, Abd al-Malik. Il fior fiore della nobiltà lusitana fu fatta prigioniera. I successivi riscatti sciuperanno le già esigue risorse del regno. Il Portogallo, così mal ridotto dopo la “Battaglia dei Tre Re” e senza più un monarca (sulla quale fine si formò una leggenda dura a morire), cadde in una profonda crisi dinastica. La suddetta si risolse nel 1580-81 con l’incoronazione di Filippo II d’Asburgo come nuovo sovrano portoghese. L’unione dinastica (ma non delle due corone, quella di Spagna e quella di Portogallo) sarebbe durata fino al 1640.