Storia Che Passione
Accadde oggi: 30 marzo

Accadde oggi: 30 marzo

Almanacco del 30 marzo, anno 1815: reca questa data, anche se dibattuta, l’appello che Gioacchino Murat, re di Napoli e maresciallo dell’Impero napoleonico, lanciò agli italiani di tutta la penisola per far fronte all’incombente minaccia austriaca. La dichiarazione, passata alla storia come “Proclama di Rimini”, non sortì chissà quale effetto in senso pratico. Al contrario, ebbe una notevole risonanza su un livello propagandistico-culturale e segnò una svolta senza precedenti per la futura retorica patriottica italiana. Non a caso, è con il Proclama di Rimini che una corposa frangia di storici fa iniziare la lunga stagione del Risorgimento italiano.

Accadde oggi: 30 marzo

Partiamo con un appunto affatto secondario. Sebbene sull’atto ufficiale sia riportata la data del 30 marzo 1815, una fetta della comunità accademica sostiene che il proclama sia stato lanciato il 12 maggio. Se così fosse, il 30 marzo sarebbe una retrodatazione. Perché farlo? Perché lo separavano pochi giorni dalla clamorosa disfatta di Tolentino, episodio decisivo della guerra austro-napoletana che a tutti gli effetti pose di nuovo sul trono partenopeo i Borbone-Due Sicilie. In extrema ratio, Murat avrebbe pubblicato il Proclama di Rimini per raccogliere attorno a sé tutte le forze antiborboniche ancora presenti in Italia.

Al di là di questa lettura, comprovata solo parzialmente, quale fu il preciso contesto in cui Murat emanò l’importante dichiarazione? Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte e per questo cognato di Napoleone, era stato da quest’ultimo posto al vertice del Regno di Napoli nell’agosto del 1808. Murat combatté al fianco di Napoleone in Russia, contro la Sesta Coalizione e fu uno di coloro che visse sulla propria pelle la determinante sconfitta di Lipsia dell’ottobre 1813. Visto l’andazzo, il maresciallo francese, nonché sovrano delle Due Sicilie, cambiò schieramento nel 1814 (Trattato di Napoli, 11 gennaio 1814). Secondo i termini, l’esercito napoletano avrebbe combattuto al fianco degli austriaci contro Napoleone, ma in cambio Murat avrebbe conservato il trono di Napoli. Una sorta di ipoteca in vista del Congresso di Vienna.

30 marzo Gioacchino Murat Proclama di Rimini

La Campagna d’Italia del 1813-14 volse a favore della Coalizione anti-francese e, come ben sappiamo, si concluse un paio di settimane dopo l’abdicazione al trono imperiale del Bonaparte. Avviati i colloqui a Vienna per la restaurazione dello status quo ante bellum, iniziarono a circolare delle voci sgradite a Murat. Le potenze reazionarie – avallate in questo dalla Gran Bretagna – desideravano un ritorno dei Borbone a Napoli.

Tali dicerie assumevano sempre più i contorni di una beffa ai danni del re francese di Napoli. Con la dignità reale tutt’altro che in tasca e Napoleone che fuggiva nel frattempo dall’isola d’Elba, Murat cambiò nuovamente bandiera. Dichiarò apertamente di sostenere il suo vecchio imperatore. Il 15 marzo 1815 il Regno di Napoli dichiarò guerra all’Austria e di conseguenza alla Settima Coalizione. Alla testa di 45.000 truppe, Murat invase i territori dello Stato Pontificio, del Granducato di Toscana e del napoleonico Regno d’Italia. L’avanzata napoletana fece tappa a Rimini il 30 marzo 1815, dalla quale avrebbe puntato verso Bologna e poi oltre il Po.

30 marzo disfatta Tolentino

La versione ufficiale vede Murat lanciare il Proclama di Rimini come ultimo tentativo per guadagnare quanti più alleati possibili prima dello scontro con le armate austriache, il doppio più grandi, anche se mal disposte. Secondo buona parte degli studiosi, a scrivere l’appello fu Pellegrino Rossi, fine giurista italiano, in seguito ministro pontificio sotto Papa Pio IX. La dichiarazione si divide in due: una prima parte rivolta ai soldati; una seconda rivolta ai cittadini di tutta Italia.

Soprattutto l’indirizzo ai cittadini faceva leva sul sentimento patriottico, irredentista e costituzionalista. Pellegrino Rossi, in accordo con Murat, realizzò una versione quanto più accattivante per le élite liberali settentrionali del Paese. Nonostante lo sforzo retorico, il Proclama di Rimini non evitò a Murat la disfatta di Tolentino e la capitolazione napoletana. Il dominio di Ferdinando IV di Borbone fu successivamente restaurato. Il cognato di Napoleone andò incontro alla fucilazione in quel di Pizzo Calabro, avvenuta il 13 ottobre 1815.

30 marzo

Alessandro Manzoni rimase positivamente toccato dall’appello del 30 marzo. Volendo amplificare il messaggio mandato da Murat, compose una canzone, intitolandola Il Proclama di Rimini. Preso atto del fallimento della campagna militare di Gioacchino Murat, Manzoni lasciò il testo incompiuto. Pietro Colletta, tenente generale nominato da Murat in persona, che pure rimase al fianco di quest’ultimo fino alla fine, non spese belle parole per la dichiarazione. In tal senso disse che il proclama fu «…tardo e ridevole sostegno di cadente trono».

È quantomeno ironico, se permettete una banale riflessione finale, che il primo documento ufficiale inneggiante l’idea di un’Italia unita e indipendente, porti la firma di un monarca francese. Non trovate?