Almanacco del 3 aprile, anno 1077: l’allora re dei romani Enrico IV (imperatore dal 1084) costituisce come feudo imperiale il Principato ecclesiastico di Aquileia. Quella di Aquileia è una storia per certi versi singolare. La città, fin dalla sua più remota fondazione nel 181 a.C. per mano romana, conservò per secoli un rilievo e un’importanza senza eguali nell’area in cui sorse. Addirittura per un lasso di tempo fu uno dei centri urbani più popolosi al mondo. Ospitò la bellezza di 100.000 anime circa nel II secolo d.C. Fu capitale della X regione augustea nonché metropoli della chiesa romana. La sua influenza e il suo peso politico andarono man mano scemando, ma rimasero una costante (almeno dal punto di vista istituzionale) fino ai primordi dell’Ottocento! Di quella grandezza, oggi testimoniata dalle vestigia sopravvissute al logorio del tempo, se ne conserva appunto il ricordo.
Ma se queste sono le ragioni presenti per le quali ho sempre pensato al caso friulano come uno dei più ambigui ed inconsueti, la vicenda che voglio narrarvi raccoglie a piene mani da quel grandioso trascorso. Una data ci è d’aiuto per la comprensione della storia: il 3 aprile 1077. Giorno, mese ed anno riportati fedelmente nelle iscrizioni imperiali riferite all’infeudazione di Aquileia. Quel dì Enrico IV di Franconia costituì il Principato ecclesiastico di Aquileia come feudo imperiale. Perché lo fece?
Per avere un quadro d’insieme quanto più chiaro possibile è necessario richiamare alla memoria la ben nota umiliazione di Canossa. Come la maggior parte delle persone ricorda fin dalle scuole superiori, il re dei romani fu protagonista, a pari merito col pontefice Gregorio VII, del culmine della tensione tra papato e impero. Un diverbio, per non dire aperta ostilità, che sfociò nella scomunica del 1076 e al viaggio regio del 1077, direzione Toscana.
Accadde che, pur avendo ottenuto la liberazione dalla scomunica, il sovrano dovette fare i conti con una sollevazione promossa da gran parte della nobiltà germanica. Questa era infelice per innumerevoli motivi, uno fra tutti la continua lontananza del re, così come la mancata assoluzione alla decadenza del trono. Dunque nella primavera del 1077 Enrico IV decise di tornare in patria per ristabilire il proprio potere.
Sul varco alpino nessuno volle far passare il sovrano. La nobiltà locale era schierata con quella germanica. Chiunque voltò le spalle ad Enrico, tutti tranne il patriarca di Aquileia, Sigeardo di Beilstein, anche lui bavarese come il futuro sacro romano imperatore. Il patriarca concesse il passaggio al re, che quindi proseguì verso nord. Per ringraziarlo della fedeltà, Enrico lo investì delle seguenti cariche: Duca del Friuli, Marchese d’Istria e Principe di Aquileia. Nell’atto pratico la figura del patriarca, formalmente detentrice del solo potere spirituale, poté esercitare da quel 1077 anche il potere temporale. La consuetudine sarebbe durata fino al 1420, mentre la propria rappresentanza politica (Parlamento del Friuli) sopravvisse fino all’epoca contemporanea, ovvero sino al 1805.
Il principato ecclesiastico, al momento della sua infeudazione, si estendeva dalle Alpi a nord fino all’Adriatico a sud. Ad est era delimitato dal corso del Timavo e ad ovest dal fiume Livenza. La peculiarità, almeno per le istituzioni ducali dell’epoca, stava nella rigorosa continuità territoriale di cui il principato con sede ad Aquileia (poi Cividale e dopo ancora Udine) godette a lungo.