Almanacco del 29 ottobre, anno 1268: Corrado II di Sicilia, meglio noto come Corradino, l’ultimo membro della casata Hohenstaufen, muore decapitato a Napoli, dopo essere stato sconfitto in battaglia nei pressi di Tagliacozzo dall’esercito rivale di Carlo d’Angiò.
Le vicende dell’angioino, già re di Sicilia, di lì a poco anche sovrano di Napoli, così come delle corone da lui tenute, sono state già approfondite in separata sede. Oggi, come prevede la rubrica, il focus è tutto sul 29 ottobre 1268, perciò sulle ore finali di Corradino, l’ultimo degli Hohenstaufen a regnare sulle terre che prima di lui furono dello zio Manfredi e del nonno Federico II.
Dopo Tagliacozzo (23 agosto 1268), Corradino e gli ultimi ghibellini rimastigli fedeli si diressero ad ovest, in direzione di Roma, sperando di sfuggire alla cattura. All’ultimo, saggiando l’ostilità dei romani, lo sparuto contingente si recò sul litorale laziale. Raggiunsero Torre Astura, vicino Nettuno. Lo svevo sperava di salpare alla volta della fedelissima Pisa, dalla quale avrebbe ragionato sul da farsi. D’altronde ad aiutarlo nella fuga vi era Giovanni Frangipane, nobile capitolino e signore del luogo che aveva promesso supporto alla causa ghibellina… Peccato che nel momento del bisogno il Frangipane tradì Corradino, lo catturò e lo consegnò a Carlo d’Angiò.
Secondo la tradizione (in larga parte supportata da fonti attendibili, tranne per un punto che adesso affronteremo), Corradino finì imprigionato a Castel dell’Ovo, nella città partenopea. Spesso si dice come all’arresto sia seguito un processo, ma del medesimo non si hanno prove certe. L’unico documento che può presupporlo è una lettera dell’Angiò al podestà di Lucca recapitata alla fine di settembre del 1268. Nella missiva re Carlo annunciava che i suoi più acerrimi nemici sarebbero andati in contro alla pena capitale (iam in capitali pena condempnatos).
Non è inoltre chiaro se Clemente IV avesse revocato la scomunica a Corradino prima che questi finisse sul patibolo di Campo Moricino, oggi Piazza del Mercato. Il fatto che gli aguzzini abbiano negato all’ultimo degli Hohenstaufen una sepoltura cristiana non lascia molto spazio ad interpretazioni.
Scomunica o no, Corradino morì certamente decapitato il 29 ottobre 1268 in pubblica piazza. Stessa identica sorte toccò ad alcuni dei suoi compagni, tra cui Federico di Baden-Baden, un altro Federico, questa volta della casa di Hürnheim, il conte Wolfrad di Veringen e il suo maresciallo Corrado di Flüglingen.
Non pochi contestarono la fine abbastanza indecorosa di Corradino. Si trattava in fondo di un fanciullo che aveva cercato di far valere le sue legittime pretese. L’accusa di lesa maestà con la quale Carlo d’Angiò bollò il caso appariva assurda anche all’epoca dei fatti. Come poteva il legittimo sovrano di Sicilia essere infedele nei confronti di un usurpatore? Una stortura che non passò inosservata e che infastidiva lo stesso Angiò. Infatti egli accampò come scusa il fatto che la sola sopravvivenza di Corrado mettesse a repentaglio il proprio dominio. Ne sarebbe sorta la famosa frase attribuita a Clemente IV “Mors Corradini, vita Caroli. Vita Corradini, mors Caroli“ ossia “La morte di Corradino è la vita di Carlo. La vita di Corradino è la morte di Carlo”.