Almanacco del 29 marzo, anno 1516: a Venezia nasce il primo ghetto d’Europa. Si tratta di un episodio di fondamentale importanza per il futuro sviluppo storico delle questioni ebraiche. Le prime discriminazioni iniziarono molto prima, con le accuse di omicidio rituale e varie altre manifestazioni di violenza antisemita, ma la fondazione del primo ghetto è un tassello importante di una storia che troppo spesso passa in sordina.
Partiamo dall’etimologia del termine, che può esserci utile a comprenderne meglio il valore. Vi sono diverse ipotesi, e anche molto eterodosse e differenziate. La prima si collega al termine “Via“, ed ha una radice comune con il germanico Gasse, lo svedese gata, il gotico gatwo. La seconda ipotesi, che si collega direttamente a Venezia ed al suolo dove sorse il ghetto, collega l’etimologia del termine a quella di “getto“, che significa fonderia.
Terza ipotesi: il libello di divorzio della tradizione ebraica che prendeva il nome di gēt. Infine, la quarta ed ultima possibilità prevede la probabile derivazione da un diminutivo di “Borghetto“, termine che indicava un piccolo centro. Torniamo però ora alla protagonista indiscussa dell’articolo odierno: la Serenissima Repubblica di Venezia.
Il luogo deputato alla reclusione della comunità ebraica fu il sestriere di Cannareggio, dove tutt’oggi si trovano sinagoghe e luoghi deputati della cultura e della religione ebraica. Si crea però, in contemporanea all’istituzione del claustro, un grande quesito storiografico: il ghetto era un luogo punitivo o protettivo? L’esempio veneziano, poi tragicamente seguito in diversi luoghi dell’Europa, ci insegna che una risposta univoca non c’è.
Racchiudere una comunità all’interno di un confine ben delimitato con poche o singole uscite sempre controllate, voleva dire sì imporre uno stretto regime di controllo, ma, come insegna la storia dei vari ghetti, tali confini erano molto labili. Spesso e volentieri si creava infatti promiscuità (sessuale e di amicizia) tra ebrei e cristiani, cosa che la Chiesa voleva evitare fortemente.
Anche le attività economiche, che si provò a limitare alla stracceria, ovvero la compravendita di vestiti usati, e poche altre, subirono limitazioni. Lo sviluppo di figure come i court jews e i port jews testimoniano però l’esatto contrario. L’apertura del primo ghetto rappresenta, in conclusione, una pagina scura di storia, di discriminazione e di antisemitismo, che però è doveroso ricordare.