Almanacco del 27 novembre, anno 1971: per la prima volta nella storia, un oggetto costruito dall’uomo tocca la superficie del pianeta rosso, Marte. Avvenne esattamente in questo giorno, ma di 53 anni fa, nell’ambito del programma spaziale sovietico Mars. Questa storia, per quanto poco nota all’infuori del circolo di appassionati ed esperti, merita più di qualche semplice accenno.
Raggiungere ed esplorare Marte è da sempre un obiettivo per le agenzie spaziali di tutto il mondo. Pionieri in tal senso furono sovietici e statunitensi. I primi diedero il via alle danze – seppur fallendo quasi prima ancora di partire – con la missione Marsnik 1, datata 10 ottobre 1960. I secondi fecero il loro esordio nella contesa per Marte quattro anni più tardi – con esiti altrettanto fallimentari – con la sonda Mariner 3, lanciata il 5 novembre 1964.
Da lì in poi fu un percorso in “discesa”, perché con l’avanzare degli anni si avvicinò sempre più la possibilità per le due grandi potenze globali di agguantare il tanto atteso successo. Gli USA effettuarono il primo flyby (volo orbitale ravvicinato) nel luglio del 1965, ma il traguardo dell’atterraggio su suolo vermiglio lo raggiunge Mosca, con ben due sonde interplanetarie automatiche: Mars 2 e Mars 3. Queste furono lanciate pressoché in contemporanea nel maggio del 1971 e arrivarono a distanza di pochi giorni in orbita marziana. A posteriori, sapendo come sono andate le cose, bisogna complimentarsi con lo zelo dei russi, perché se le sonde non fossero state due, la costosa missione si sarebbe rivelata un grossolano flop. Mi spiego meglio.
Le direttive di Mosca sul da farsi una volta raggiunta l’orbita erano chiare. Era necessario infatti:
- catturare quante più immagini della superficie planetaria;
- effettuare delle misurazioni per quanto riguarda temperatura e atmosfera;
- monitorare, per quanto possibile, gli effetti del vento solare, nonché del campo magnetico marziano ed interplanetario;
- infine, studiare la topografia, la composizione e le proprietà fisiche della superficie marziana.
Quest’ultimo punto, per essere contrassegnato, necessitava l’invio di un lander sulla superficie del pianeta. Nessun problema, poiché Mars 2 e Mars 3 ne erano dotate. Mentre i moduli orbitali proseguirono il loro lavoro senza problemi, i veicoli d’atterraggio non poterono dire la medesima cosa. Mars 2 fece sobbalzare il cuore di chi, sulla terra, sperava in uno svolgimento della missione liscio e senza intoppi. Il modulo di discesa si separò dall’orbiter come da copione il 27 novembre 1971. Esso fece il suo ingresso nell’atmosfera marziana ad una velocità abbastanza sostenuta, circa 6 km/s. Qualcosa andò storto (forse un malfunzionamento improvviso) perché la sequenza d’atterraggio non iniziò e il lander si schiantò a tutta velocità sulla polverosa superficie rossa di Marte.
Fa un po’ ridere, ammettiamolo. Eh già, lo schianto fu fallimentare, eppure a suo modo rappresentò un record dalla portata incommensurabile. Il lander della sonda Mars 2 fu il primo artefatto umano a toccare il suolo di Marte.
Ecco cosa accadde il 27 novembre; mentre per quanto riguarda l’altra sonda, Mars 3? Ebbene, la discesa del suo lander poté dirsi meno rocambolesca della precedente. Il veicolo d’atterraggio toccò la superficie marziana il 3 dicembre 1971 e vi rimase operativo per… Soli 15 secondi. Sconosciute le cause dell’interruzione dei canali di comunicazione tra il modulo e la Terra: allora si attribuì la causa ad una violenta tempesta di sabbia, in grado di danneggiare irrimediabilmente la macchina. Di quei 15 secondi di gloria restano pochissimi dati, e ancor meno fotografie, anzi, una sola, sbiadita e di complessa interpretazione (visibile qui sopra, in tutta la sua magnifica ambiguità).