Almanacco del 27 maggio, anno 1960: il generale Cemal Gürsel guida il primo colpo di stato della Turchia contemporanea. Le radici del golpe affondano nel periodo precedente, nella deriva autoritaria di Adnan Menderes e del suo Demokrat Parti (Partito Democratico).
Il Partito Democratico era giunto al potere dopo la strabiliante vittoria alle elezioni del 1950. Il successo si appoggiò sia sul carisma del leader, Menderes, sia perché seppe raccogliere il malcontento che la parte maggioritaria della società nutriva dei confronti dell’allora Presidente della Repubblica, Ismet İnönü, nonché capo della formazione politica avversaria, il Cumhuriyet Halk Partisi (Partito Popolare Repubblicano), che governava il Paese dal 1923. Menderes si fece promotore di un indirizzo politico che mescolava populismo, liberismo, conservatorismo e atlantismo (nel 1952 la Turchia entrò nella NATO). Non seppe però coltivare un buon rapporto con l’establishment burocratico e militare, cosa che invece i popolar-repubblicani avevano saputo fare molto bene.
Forte di una travolgente riconferma elettorale nel 1954, Menderes sostenne di essere unico depositario della volontà popolare e perciò si mostro arrogante e poco incline al dialogo con le opposizioni. Forzò la mano sulla sua politica economica liberalizzatrice, che in un primo momento diede segnali positivi, ma che poi andò declinando verso l’indebitamenti estero e un fiscalismo inadeguato che gli alienarono il sostegno popolare. Menderes allora rese la sua retorica populista ancora più aggressiva verso una gestione del potere sempre più autoritaria. Verso la fine degli anni Cinquanta, lo strappo con i vertici militari si era ormai consumato e questi ultimi cominciarono a cospirare contro il governo.
Nella notte fra il 26 e il 27 maggio, dunque, si avviò il colpo di mano militare. A prendere l’iniziativa fu un gruppo di ufficiali di medio livello comandati da Alparslan Türkeş, un colonnello semisconosciuto con un passato nell’estrema destra. Costoro riuscirono ad ottenere l’appoggio di Cemal Gürsel, generale di grande prestigio e autorevolezza, il cui intervento fu decisivo per il successo della cospirazione. Menderes finì arrestato assieme ad altri membri di spicco del DP e, dopo un processo sommario, condannato a morte per impiccagione.
Gürsel divenne capo del Comitato di Unità Nazionale, costituito per fare le veci del governo appena esautorato e che nominò lo stesso Gürsel presidente della Repubblica, capo delle forze armate e primo ministro ad interim. Il nuovo capo di Stato riuscì a rimanere l’uomo forte della giunta golpista grazie all’espulsione di Türkeş dal Comitato. A seguito di ciò, decise di costituire una commissione preposta alla stesura di una carta costituzionale. Completata l’anno seguente, fu approvata tramite referendum.
Se da un lato il Comitato promosse la costituzione più liberale di tutta la storia turca, dall’altro decise di rendere più asfissiante il controllo militare sulla politica. Formò, infatti, l’Unione delle Forze Armate e il Consiglio di Sicurezza Nazionale, che aveva sovraintendeva le politiche di sicurezza nazionale. Una scelta operata per un’eccessiva sfiducia nella classe politica che avrà un impatto assai decisivo negli avvenimenti che seguiranno.