Storia Che Passione
Accadde oggi: 25 febbraio

Accadde oggi: 25 febbraio

Almanacco del 25 febbraio, anno 1986: nelle Filippine crolla il ventennale regime militare di Ferdinand Marcos. È la Rivoluzione del Rosario (internazionalmente nota anche come Rivoluzione EDSA o Rivoluzione del Potere Popolare). Il 25 febbraio dell’86 non indicò per il paese asiatico un momento di rottura improvviso. Al contrario fu il culmine di una lunga, lunghissima vicenda, fatta di violenza, protesta, repressione e reazione, di squilibri socio-politici e incapacità di governo. Questi alcuni dei fattori che causarono la caduta di uno dei regimi dittatoriali più in vista del XX secolo.

Accadde oggi: 25 febbraio

Democraticamente eletto nel 1965, il nazionalista Ferdinand Marcos ricoprì la carica di presidente delle Filippine per un periodo di tempo lunghissimo, infrangendo i limiti imposti dalla costituzione repubblicana e avvalendosi del sostegno militare, oltre che religioso. Il primo mandato, della durata quadriennale, terminò nel 1969 ma vinse nuovamente le elezioni grazie all’ascendente che esercitava sugli apparati “vitali” in seno allo Stato (industria, esercito e chiesa).

Avvicinandosi al termine del secondo e, almeno sulla carta, ultimo mandato, Marcos annusò l’odore della sconfitta. Nel 1972 agì di conseguenza: impose la legge marziale, schierò l’esercito a lui fedele, sciolse il parlamento, dichiarò illegali tutti gli altri partiti politici all’infuori del suo e assunse i pieni poteri. Un golpe di tutto rispetto, che lo pose saldamente al vertice delle Filippine per almeno altri 14 anni.

25 febbraio Ferdinand Marcos

L’opposizione, seppur clandestina e in larga parte in esilio, scelse come rappresentante un giornalista, nonché attivista e politico d’estrazione liberale: Benigno Aquino Jr. detto Ninoy. Quando all’inizio degli anni ’80 la legge marziale fu abolita dal governo filippino, il leader dell’opposizione pensò che fosse giunto il tempo di tornare nel suo paese natale e combattere per delle libere elezioni. A malapena toccò con piede il suolo di Manila che venne freddato. Da chi e secondo quali modalità è ancora oggi un mistero. Qualcuno, più di qualcuno, accusò Marcos di essere il mandante dell’omicidio. Non un’ipotesi azzardata…

A quel punto la situazione nelle Filippine si fece incandescente, sotto ogni punto di vista. L’autorità ecclesiastica si pronunciò contro il regime dittatoriale, fomentando la folla a sollevarsi. Alcuni vertici militari si discostarono dal presidente Marcos. Come se non bastasse, il dittatore si ritrovò ancor più isolato dopo aver perso il tradizionale appoggio degli Stati Uniti d’America (sempre in ottica anti-comunista).

25 febbraio Corazon Aquino

Alla disastrosa equazione si aggiunsero due pesi da novanta, uno economico e l’altro squisitamente politico. Per quanto riguarda la situazione economica, ci basti sapere che povertà latente, corruzione e calo dei prezzi delle materie prime sul mercato assestarono al regime un durissimo colpo. Poi l’opposizione politica, guidata da Corazon Aquino, moglie del defunto Ninoy, si rinvigorì come mai prima di quel momento. I presupposti per un’insurrezione popolare ci furono tutti. È così che si giunse alla sopracitata Rivoluzione del Rosario.

25 febbraio Filippine regime militare

All’alba del 1986 il popolo filippino si riversò alle urne, per le prime presidenziali semi-democratiche da vent’anni a quella parte. L’esito fu controverso. Entrambe le fazioni, quindi i sostenitori di Marcos e il fronte democratico in appoggio a Corazon Aquino, si accusarono vicendevolmente di brogli, arrogandosi il successo elettorale. Il Comitato filippino per le elezioni (interno e vicino al presidente uscente) diede ragione a Marcos. Il Namfrel (comitato di sorveglianza composto da osservatori internazionali) sostenne, al contrario, che la vittoria fosse del fronte democratico di Aquino.

25 febbraio Rivoluzione del Rosario

La contesa sulle rivendicazioni terminò il 25 febbraio 1986. Tre milioni di filippini si radunarono nell’Epifanio de los Santos Avenue (appunto EDSA), l’arteria principale della capitale Manila, chiedendo la fine della dittatura. Quando anche l’esercito inviato per reprimere la manifestazione pacifica – le persone erano armate di rosari e fiori – si schierò dalla parte della contestazione, Marcos capì di dover togliere le tende e fuggire dal paese. Partì per le Hawaii, dove morì tre anni dopo, nel 1989.