Storia Che Passione
Accadde oggi: 21 settembre

Accadde oggi: 21 settembre

Almanacco del 21 settembre, anno 19 a.C.: di ritorno da un viaggio in Grecia, si spegne a Brindisi uno dei più grandi poeti antichi, autore dalla fama gloriosa e dalle sconfinate capacità letterarie, Publio Virgilio Marone. Molte parole sono state spese sulla sua vita nel corso di due millenni, mentre è la sua morte che desta tutt’oggi qualche piccolo dubbio. Le cause della dipartita, benché chiare solo in parte, vengono universalmente riconosciute in un malanno contratto proprio in Grecia (forse Megara, in Attica). Sugli ultimi giorni di vita dell’Omero latino mi concentrerò nelle seguenti righe.

Accadde oggi: 21 settembre

Quello che sappiamo sull’intera vita – e dunque anche sulla morte – di Virgilio proviene da numerosi componimenti biografici scritti in seguito alla sua scomparsa. Di tanti si è persa traccia ma si è conservata la memoria, di altri invece possediamo qualche frammento, comunque quanto basta per ricostruire in modo esaustivo le fasi della sua esistenza. Publio Virgilio Marone, natio di Andes, un piccolo centro abitato nei pressi della più grande Mantua (Mantova), si distinse per numerose opere poetiche, tra le quali le più famose e influenti della letteratura latina e occidentale furono le Bucoliche, le Georgiche e l’Eneide. Quest’ultima, è bene specificarlo, si differenzia dalle prime due in quanto poema epico.

E sono proprio legate all’Eneide le circostanze della sua dipartita, almeno secondo Svetonio ed Elio Donato. Non li ho citati a caso. Sono loro che riportano le principali informazioni sulla vita dell’illustre poeta latino. Svetonio scrive tuttavia un secolo e mezzo dopo il 21 settembre del 19 a.C., perciò nella prima metà del II secolo. Elio Donato, il grammatico più influente e noto della sua epoca, riporta quanto scritto da Svetonio e lo aggiorna nel IV secolo. Come la storia ci insegna, la distanza temporale tra gli eventi descritti e l’autore che li cita spesso gioca brutti scherzi.

21 settembre Virgilio e le sue muse, mosaico in Tunisia

Bene, dicevamo? Ah, giusto, Virgilio sta perfezionando la sua opera maestra, iniziata nel 29 a.C.: l’Eneide. Ha già letto qualcosa all’imperatore Augusto (22 a.C.), che scalpita per la versione finale. L’ispirazione necessaria al completamento del poema epico Virgilio la cerca in Grecia, dove pensa di trascorrere un soggiorno triennale. Noi non sappiamo quanto tempo il poeta trascorre nell’aspra terra bagnata da Egeo e Adriatico; presumibilmente non più di un anno. Elio Donato ci dice come Virgilio cambi idea sul suo soggiorno ellenico dopo aver incontrato Ottaviano Augusto ad Atene. L’imperatore lo convince a tornare in Italia, dove potrà concludere l’attesissima opera.

Accade però l’irreparabile. Nei pressi di Megara, nell’Attica (la provincia romana è quella dell’Acaia), Virgilio si ammala. Alcuni biografi sono certi nell’imputare la grave infermità ad un colpo di sole. Altri, tra cui Svetonio, insistono su una febbre fulminante. Quale che sia la realtà dei fatti, Virgilio prende la prima nave per l’Italia e attraversa l’Adriatico, sbarcando a Brundisium (Brindisi). Nella città salentina l’autore latino possedeva una casa, probabilmente al termine dell’Appia, dove oggi si trovano le maestose colonne romane. Là trascorse gli ultimi momenti, esalando il mortal sospiro il 21 settembre del 19 a.C. (secondo il calendario giuliano).

21 settembre busto di Virgilio moderno

Ancora una volta leggenda e realtà si scontrano sulle ultime volontà di Virgilio. Egli forse chiese a due dei suoi amici più stretti, poeti anch’essi, Lucio Vario Rufo e Plozio Tucca, di distruggere il manoscritto dell’Eneide perché incompleto e non revisionato. Le imperfezioni non fecero desistere Augusto, che vietò ai due esecutori testamentari di bruciare l’Eneide e anzi ne richiese la copiatura. L’imperatore elevò il poema epico a testo apicale della letteratura romana, esempio eccelso dell’abilità poetica latina.

21 settembre tomba di Virgilio a Napoli

Per quanto riguarda le spoglie mortali di Virgilio, queste viaggiarono dalla sponda adriatica a quella tirrenica, giungendo a Napoli. Tradizione vuole che nell’odierno quartiere di Piedigrotta, sia stato eretto il tumulo funerario contente le ceneri virgiliane. Le medesime sparirono in epoca medievale, mentre il resto rimase al suo posto. Oggi sulla tomba si legge il famoso epitaffio che recita:

«Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc
Parthenope; cecini pascua rura duces
».

ossia

«Mantova mi generò, la Calabria (il Salento) mi rapì, e ora mi tiene Napoli; cantai i pascoli, le campagne, i condottieri».

Mentre appena usciti dalla tomba di Virgilio, sulla nuda roccia, vi è un’epigrafe marmorea apposta dai canonici del convento di Santa Maria di Piedigrotta nel 1554. Questa è un esplicito e sarcastico riferimento alla presunta appartenenza del sepolcro alle spoglie del poeta latino, tema caldo da secoli. In latino si legge:

«Qui cineres? Tumuli haec vestigia: conditur olim / ille hic qui cecinit pascua rura duces».

tradotto in

«Quali ceneri? Queste sono le vestigia del tumulo. Fu sepolto un tempo qui colui che cantò i pascoli, i campi, i condottieri».