Almanacco del 20 aprile, anno 1945: a sud del Po, allora territorio della Repubblica Sociale Italiana, va in scena l’Operazione Herring (Operazione Aringa). Si tratta di un’azione di sabotaggio e infiltrazione portata avanti da forze alleate e cobelligeranti in Italia settentrionale. La missione aviotrasportata concretizzatasi durante le ultime fasi della Campagna d’Italia nella Seconda guerra mondiale è ricordata essenzialmente per due motivi: per essere stata al contempo la prima in cui paracadutisti italiani hanno agito sotto il comando britannico e l’ultima del suo genere nell’intero contesto bellico globale.

Nell’aprile 1945, l’offensiva finale degli Alleati nell’Italia del nord era in pieno svolgimento. Le forze tedesche erano in ritirata, ma continuavano a controllare nodi stradali strategici nella Pianura Padana. Lo scopo dell’operazione era dunque quello di ostacolare i movimenti tedeschi e impedire la distruzione delle infrastrutture prima dell’arrivo degli Alleati.
Quest’ultimi non disponevano tuttavia delle forze necessarie allo scopo, così selezionarono un gruppo di 226 paracadutisti italiani, già inquadrati nel XIII corpo d’armata britannico. Una metà dell’intero gruppo combatteva da tempo nel reggimento “Nembo” – ricostituito dopo l’armistizio di Cassibile e integrato nel Corpo Italiano di Liberazione (CIL) – mentre l’altra metà faceva parte del 1º Squadrone da ricognizione “Folgore”.

Sotto il comando del capitano Carlo Francesco Gay e del tenente Guerrino Ceiner, i paracadutisti si organizzarono in 26 pattuglie 6-8 uomini (eccezionalmente di 10-12), ad ognuna delle quali il comando operativo assegnò una zona di lancio. Queste si trovavano all’interno di un triangolo geografico, avente per vertici Ferrara, Mirandola e Ostiglia.

Nella sera del 20 aprile 1945 i Douglas C-47 trasportarono le truppe da Livorno fino alla zona di lancio. La contraerea tedesca deviò in parte il piano originale, facendo effettuare i lanci in quattro province diverse: Bologna, Modena, Mantova e Ferrara. Lo “sparpagliamento” dei paracadutisti mandò nel panico gli ufficiali tedeschi, convinti di dover fronteggiare un massiccio attacco portato avanti da migliaia e migliaia di uomini. L’errore di valutazione giocò a favore dei paracadutisti italiani. In breve tempo essi ingaggiarono scontri armati con tedeschi e repubblichini, distruggendo convogli, automezzi e posti di blocco.

Grazie all’Operazione Herring si riuscì a bloccare le retrovie tedesche in alcune aree chiave per diverse ore, favorendo così l’avanzata Alleata dall’Appennino alla Pianura Padana. Le azioni si conclusero positivamente per Alleati e cobelligeranti il 23 aprile 1945. Dei 226 paracadutisti lanciati, 30 morirono in azione, 49 furono riportarono ferite più o meno gravi. Per i tedeschi il conto fu ben più salato: 481 morti e 2083 prigionieri, oltre alla distruzione di mezzi e armi. Da non sottovalutare fu il contributo partigiano all’operazione aviotrasportata alleata.
L’azione valse alla “Nembo” grande riconoscimento da parte degli Alleati. Successivamente la Repubblica Italiana decorò i caduti alla memoria. A Dragoncello, frazione del comune di Poggio Rusco, nel mantovano, un memoriale commemora chi in quel 20 aprile si immolò per la liberazione del Paese.