Almanacco del 2 febbraio, anno 506: per volere di Alarico II, sovrano dei Visigoti, viene promulgata la Lex Romana Visigothorum, anche detta Breviarium alaricianum (Breviario di Alarico). Si trattò di una raccolta di leggi scritte in grado di regolamentare i rapporti giuridici tra i sudditi latini dell’oramai decaduto Impero romano d’Occidente e la popolazione visigota stanziata nei territori conquistati. Di grandissima – e spesso sottovalutata – importanza, il corpus legislativo alariciano rappresentò un ponte fra il diritto romano classico e la sua evoluzione medievale. A lungo, durante buona parte del periodo che convenzionalmente chiamiamo Alto Medioevo, si ritenne la Lex Romana Visigothorum come una delle più autorevoli fonti giuridiche.

Nella speranza di avervi convinto – qualora ve ne fosse bisogno – della centralità rappresentata dalla Lex Romana Visigothorum, è bene ora fornire un contesto di carattere geopolitico alla questione. Dopo il definitivo declino politico-istituzionale dell’Occidente romano, i regni romano-barbarici che sorsero dalle sue ceneri cercarono di strutturare un sistema giuridico che armonizzasse le tradizioni germaniche con il diritto classico fino ad allora vigente. In quest’ottica bisogna inquadrare la volontà di Alarico II. Egli fu il re dei Visigoti dal 484 alla sua morte, avvenuta nel 507. Sotto il suo governo ricaddero vasti territori che dalla Gallia meridionale valicavano i Pirenei e si estendevano su quasi tutta la penisola iberica.

Comprensibilmente in quelle regioni il dato demografico era composto prevalentemente da Visigoti e genti dalla forte connotazione culturale latina. Per far convivere le due nature maggioritarie nel suo regno, Alarico II fece redigere il breviario. Questo era rivolto alla popolazione romana e si sarebbe affiancato al preesistente Codex euricianus, specifico per i Visigoti. Recenti studi tendono tuttavia a smentire, o quantomeno a sfumare, il senso salomonico di questa suddivisione.

La linea accademica che ha prevalso fino a qualche decennio fa prevedeva l’esistenza nel regno visigoto d’inizio VI secolo di due codici legislativi inconciliabili. Invece le nuove ricerche propongono un altro quadro. Plausibilmente le due raccolte condividevano un rapporto di Genus et Species. Significa che i Visigoti, storicamente dediti alla guerra e meno interessati al diritto, incontravano una certa difficoltà nel rispettare e comprendere le disposizioni della Lex Romana Visigothorum, dalla quale estrapolarono un corpus identico nella sostanza, ma discordante, perché semplificato, nella forma. Insomma, si suppone che per le questioni più complesse i Visigoti utilizzassero il Breviario di Alarico, mentre per quelle ordinarie e meno articolate, si affidavano alla Lex Visigothorum, maggiormente intuitiva.

Andando oltre l’applicazione effettiva o presunta del corpus, è necessario soffermarsi sull’ottimo lavoro svolto dai giuristi alla corte di Alarico II. Tutto questo per smentire il luogo comune che vede l’Occidente post-romano declinare in un generico reame caotico, ignorante ed oscuro. Confutare questo pregiudizio è semplice; basta dare un’occhiata alle raccolte giuridiche da cui la Lex Romana Visigothorum prese spunto. Essa fu una selezione di norme tratte dalle principali fonti di diritto romane, con lo scopo di adattarle alle esigenze pratiche del regno. Includeva trattati del Codice Teodosiano (Codex Theodosianus), cinque libri del Sententiae Receptae di Giulio Paolo, nonché parte delle Istituzioni di Gaio.

In conclusione si può ribadire come il breviario alariciano fu il riflesso della fusione culturale tra due tradizioni giuridiche antiche. Da questo tentativo originale ne scaturirono tanti altri, ognuno dei quali contribuì alla formazione e all’attuazione della legge nell’Europa altomedievale. Esso influenzò i successivi codici in Francia e Spagna per i secoli a venire. Solo l’ascesa del diritto canonico e la conseguente evoluzione normativa superò l’eredità della Lex Romana Visigothorum nei regni formatisi nel frattempo.